Ricordando Papa Francesco: la solitudine dei numeri primi di Nicola Prebenna

Papa Francesco benedice i fedeli
Papa Francesco proteso verso i fedeli
   Unanime il cordoglio dei cattolici per la morte di papa Francesco. Tanti i commenti alla sua morte e tante le interpretazioni del suo magistero. Sono riandato spesso in questi giorni al 5 Maggio del Manzoni. L’autore dei Promessi Sposi, alla morte di Napoleone, si chiedeva: fu vera gloria? Così oggi molti commentatori si chiedono: Papa Bergoglio è stato un vero progressista?
   Senza essere teologo, senza la presunzione di atteggiarmi a storico, esprimo modestamente la mia interpretazione dell’azione, del magistero di papa Francesco. A mio avviso, appena eletto, papa Francesco aveva subito rivelato il proposito di rinnovare profondamente la chiesa. Scegliendo il nome di Francesco aveva da subito indicato le coordinate a cui ancorare il ministero petrino.
   Come il poverello di Assisi, Bergoglio intendeva riportare la chiesa verso una più convinta pratica della povertà, verso una maggiore attenzione e predilezione per gli ultimi, per le periferie, per la tutela di nostra madre terra, per la promozione della pace. Non si nascondeva le difficoltà, ma era determinato ad andare avanti. Non pochi oggi si chiedono se il suo processo di rinnovamento sia stato portato a termine, se si sia interrotto, se può ripartire. Ritengo che papa Francesco abbia sperimentato il cruccio di non aver potuto proseguire nell’azione riformatrice.
   Ha constatato l’ostilità ora latente, ora più evidente, di parte della curia, che ne ha rallentato il processo. Pur non rassegnandosi, la stanchezza ha giocato la sua parte. Da questo nasce il titolo dato alla riflessione presente, perché probabilmente il papa ha avvertito il peso della solitudine, rispetto alla nomenklatura, ricercando il contatto diretto con i fedeli. Il suo magistero viene spulciato in tutti gli angoli e ne scaturisce un quadro composito di lezioni ed azioni ispirate al vangelo e di affermazioni relative ad alcuni aspetti della dottrina non sempre condivisi da non pochi cattolici. Manzonianamente verrebbe da chiedersi: E’ stata vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.
   Quel che mi sento di dire è che papa Francesco ha dato l’anima per favorire un rinnovamento pieno, totale, della chiesa, proiettata in una dimensione evangelica di apertura agli uomini ed alla natura da tutelare. Le due encicliche, variamente interpretate, Laudato si’ e Fratelli Tutti riflettono questa sua costante aspirazione. In questi ultimi anni preoccupazione costante è stato il suo richiamo alla pace, contrastando con le parole e i costanti richiami i propositi bellicisti di molti, pregando e invitando a pregare per la martoriata Ucraina, per Gaza devastata e per tutte quelle aree del pianeta dominate, come amava ripetere, da guerra mondiale a pezzi.
   Le sue costanti preoccupazioni, il peso della solitudine, trovavano conforto nel contatto, nella relazione con i fedeli. Per questo aveva voluto essere presente il giorno di Pasqua alla benedizione Urbi et Orbi e fare il giro della piazza di San Pietro per sentirsi come consegnato ai fedeli per uno degli ultimi incontri dal vivo. Avvertiva che la fine era vicina e desiderava il conforto dell’affetto dei fedeli.
   In questo periodo dedicato alle esequie voglio sperare che siano accantonate le asprezze di giudizi inopportuni, riservandosi con calma di dare un giudizio storico, anche severo, ma quando i tempi saranno più maturi. E’ il momento della preghiera per papa Francesco, di affidarlo alla misericordia divina e di accogliere tutti i suggerimenti positivi ispirati alla lezione evangelica che non si è stancato mai di ribadire.