Chi è Franco Mazza? Può parlarmi di lei?
Sono un medico del lavoro, una professione che mi ha permesso di sviluppare una profonda sensibilità verso la prevenzione e le malattie professionali. Da sempre, ho rivolto una particolare attenzione alle tematiche ambientali, cercando di mettere in relazione l’ambiente – inteso come qualità dell’acqua, del cibo, dell’aria e della vita – con la salute delle persone. Questo è Franco Mazza dal punto di vista professionale.
E dal punto di vista privato?
Ho 67 anni, sono sposato con Rosa De Padua e ho tre figli: due maschi e una femmina. Il mio primogenito è, come me, medico del lavoro; Ilaria, la mia seconda figlia, vive e lavora a Bologna; il più giovane è infermiere e lavora per il 118 nell’emergenza territoriale. Fino a pochi giorni fa ero medico dell’ASL, occupandomi sempre di medicina del lavoro. Ora sono in pensione, ma continuo a portare avanti il mio impegno per la salute e l’ambiente.
Perché ha deciso di occuparsi di ambiente e inquinamento? Come è iniziata questa battaglia?
La mia formazione e la mia professione mi hanno spinto a concentrarmi sulla prevenzione. Quando, alla fine degli anni ’90, ho iniziato a osservare gravi problemi ambientali nella mia comunità, non sono riuscito a restare indifferente. Così è iniziata la mia lotta.
La prima battaglia risale al 1995, quando volevano costruire una discarica vicino all’Alto Calore, nella zona di Arcella. Grazie all’intervento del prefetto e alla collaborazione con le amministrazioni locali, siamo riusciti a bloccare il progetto. Da lì, le sfide sono state tante: l’impianto dello Stir del CDR a Pianodardine, i fumi della Novolegno, gli odori insopportabili, gli impianti di stoccaggio improvvisati e la qualità dell’aria compromessa nella zona.
Un episodio drammatico ha segnato profondamente questa battaglia: nel 2016 è morto mio nipote, Barbato Mazzariello, a soli 36 anni, a causa di un sarcoma. La sua perdita è avvenuta in un contesto di forti pressioni ambientali, con cattivi odori e un inquinamento diffuso nella Valle del Sabato. Era un giovane molto amato, sempre disponibile e apprezzato dalla comunità. Dopo la sua morte, il comune di Manocalzati ha deciso di intitolargli lo stadio comunale.
Quella tragedia è stata la spinta per fondare, il 27 luglio 2016, il comitato Salviamo la Valle del Sabato, che ha mobilitato la comunità e acceso i riflettori sulla situazione ambientale opprimente della zona.
Quali sono stati i risultati più significativi ottenuti dal Comitato?
Negli anni, abbiamo organizzato molte manifestazioni e presentato esposti alla Procura della Repubblica. Grazie al nostro impegno, è stata aperta un’inchiesta sulla Valle del Sabato, che ha portato a indagini sugli scarichi abusivi e al sequestro dello Stir. Non ci siamo limitati a denunciare: abbiamo sempre fornito elementi di riflessione alle istituzioni per affrontare il problema.
Un altro passo importante è stata la collaborazione con altre associazioni locali, come Legambiente e il WWF, e la creazione di una rete che ha permesso di portare avanti battaglie collettive. Ad esempio, abbiamo sostenuto Lotta per la Vita, un’associazione che si è occupata della bonifica dell’Isochimica al Borgo Ferrovia.
Nel 2014, insieme al dottor Ziccardi, ex direttore generale dell’ASL di Avellino, ho contribuito alla nascita della sezione locale dell’ISDE (Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente). Questa associazione ci ha permesso di ampliare il nostro raggio d’azione, collaborando anche a livello internazionale.
Quali sono stati i momenti più significativi di questa battaglia?
Tra i momenti più importanti, ricordo il convegno del 2018 al Castello di San Barbato, dove abbiamo discusso dell’inquinamento della Valle del Sabato con esperti di alto livello, come la dottoressa Gentilini e il presidente di ISDE International, Ferdinando Laghi.
Un risultato fondamentale è stato il coinvolgimento del direttore dell’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, Antonio Limone, che ha inserito la Valle del Sabato nello studio Spes, inizialmente dedicato alla Terra dei Fuochi. Lo studio ha confermato le nostre preoccupazioni, evidenziando livelli altissimi di metalli e diossine.
Di recente, abbiamo presentato uno studio finanziato dalla famiglia di mio nipote Barbato all’Università di Salerno, che ha dimostrato un legame tra l’inquinamento della Valle del Sabato e i suoi effetti sulla salute, inclusa la fertilità maschile.
Questa battaglia continua, ma ciò che ci spinge avanti è la convinzione che la salute delle persone debba essere sempre al centro dell’attenzione, e che il nostro territorio meriti giustizia e rispetto.