Il femminicidio, segretario di M.A.P.S. Louis Stanco

350

La cronaca degli ultimi giorni sottolinea la cifra della piaga del femminicidio, il tempo scorre e si susseguono i nomi.
Questa settimana è toccato ad Aurora, 13 anni, lo scorso anno in questo periodo Giulia cecchettin, e nel contempo un altro centinaio di donne uccise.
I nomi, storie di vita, di vita non vissuta, spesso.
Nomi che salgono agli onori della cronaca perché qualcuno li ha “cancellati”, ha tolto loro un volto.
Tali accaduti, che nell’immediato catturano l’attenzione dei mass media e della collettività, una curiosità morbosa che sembra cedere il posto alla dimenticanza, all’oblio, ogni vicenda sembra non insegnare nulla, nessun monito.
Ecco la successiva !
Ogni morte non serve ad evitarne neanche un’altra.
“Femminicidio”, per la l’incidenza del fenomeno, rischia di diventare un riduttivo generico, non è solo femminicidio, è la privazione della vita che assume un senso più ampio, perché sono giovani ragazze, 14, 17…20 anni, private della possibilità stessa di affacciarsi alla vita, di goderne.
Quante donne uccise quest’anno?
Fare la conta è divenuto un esercizio sterile ai fini della risoluzione del problema, un bilancio come quello che si redige per gli enti pubblici, lo si fa perché lo si deve fare, con la non trascurabile differenza” , tra i numeri e la vita di donne.
I numeri non spaventano neanche più, essendoci quasi abituati., assuefatti.
Eppure sono impietosi.
Ogni tre giorni viene uccisa una donna.
C’è da rilevare che si è abbassata notevolmente l’età degli autori dei reati, quello che colpisce sono i moventi sempre più labili, incomprensibili, difficili da iscriversi in determinate condotte criminose.
Lo status quo, deve indurci a riflettere su come debba cambiare la percezione morale, etica e giuridica di questi comportamenti.
Non più una riflessione che si traduce in una stanca contemplazione, quasi una sufficiente consapevolezza, riflessione che porti all’azione, al contrasto fattuale del problema.
Gli autori degli efferati gesti, nella maggior parte dei casi hanno la consapevolezza cristallina della violenza che stavano commettendo.
In questa consapevolezza si sostanzia tutto il fallimento delle lotte contro la violenza sulle donne e la cultura del patriarcato, l’impasse del sistema penale – educativo, che non previene ma punisce, agendo sul sintomo e non viceversa sulla malattia, in una logica della pena solo retributiva.
Finché non saremo capaci di strutturare un sistema in grado prevedere una formazione emotivo-sessuale che permei sin dall’età scolare nel substrato culturale patriarcale per creare una coscienza collettiva al consenso e al rispetto del genere femminile e quindi della vita,le nostre lotte non avranno eco alcuno negli anni a venire.