Multiculturalismo: troppi fatti stanno attentando all’identità nazionale, compresa la figura simbolo della cultura italiana, Dante Alighieri.
Stiamo assistendo all’ubriacatura da multiculturalismo, intercultura, ignorandone il significato. Cominciamo con quanto accaduto, a quel che si dice, a Treviso. Una docente e un preside acconsentono alla richiesta di due studenti musulmani di essere esonerati dallo studio della Divina Commedia.
Se risponde al vero quanto riferito, ci troviamo di fronte ad un caso di scarsa conoscenza dei valori del multiculturalismo e dell’intercultura. In genere, ogni paese struttura il proprio sistema di valori secondo la tradizione e secondo i suggerimenti che l’adesione alla modernità comporta.
Una corretta relazione multiculturale parte dalla consapevolezza della propria identità, quale premessa per un corretto confronto con altre culture. Non può esserci confronto se uno silenzia una componente essenziale della propria identità. Non è l’ignoranza che predispone alla libera circolazione delle idee, non è la chiusura o la rinuncia alle proprie ragioni che schiudono le porte all’incontro. Come è possibile che un immigrato, che aspiri ad integrarsi nella nuova realtà che l’accoglie, vada avanti senza conoscerla?
Dappertutto, chi è ospite deve conformarsi alle leggi del paese in cui arriva, di cui è ospite. Se ciò vale per tutte le norme che regolano la vita comunitaria, a maggior ragione vale per quanto riguarda l’essenza dell’identità di un popolo, di una nazione, della specifica tradizione culturale. Il seme del confronto positivo nasce dalla conoscenza e dal rispetto delle posizioni altrui, non dalla fuga indotta dall’ignoranza e forse dalla vigliaccheria nel tutelare le proprie ragioni. Sono indotto a parlare della mia personale esperienza di docente in una realtà musulmana.
Ho insegnato, negli anni ottanta del secolo scorso, per un lustro nel Liceo italiano di Istanbul, frequentato per il 90/% da alunni turchi, e a nessuno veniva in mente di cancellare dai programmi scolastici Dante o altro poeta o scrittore, ad esempio Manzoni, perché autori dalla forte fede nei valori cristiani. Era un modo per esplorare, conoscere un’altra cultura, un altro mondo, col quale confrontarsi, in un atteggiamento di rispetto e tolleranza. E, al di là della domanda ricorrente all’inizio dello studio della Commedia “Perché Dante colloca Maometto all’inferno?”, tutto proseguiva senza intoppi.
Chiarivo come stavano le cose e nasceva interesse e amore per la poesia della Divina Commedia. Non è abdicando che si promuove la conoscenza, non è fuggendo dalle proprie responsabilità che si favorisce l’ascolto e il confronto. Occorre essere convinti di quel che si è per potersi rapportare positivamente con l’altro, sia esso persona, cultura, ideologia. La consapevolezza di sé è la premessa per una relazione positiva con l’altro, il diverso.
Purtroppo, in un contesto che celebra una distorta interpretazione dei diritti, tutto diventa consentito, finanche adattare norme generali a casi particolari non previsti e contro ogni regola. Può essere comprensibile che uno reclami erroneamente un diritto che non esiste. Non è una scelta né saggia né opportuna che ad un diritto inesistente si acconsenta per paura, per vigliaccheria, per ignoranza. E, purtroppo, tutto questo si verifica spesso.
Altri fatti di cronaca testimoniano come si stanno verificando tanti fatti, avvenimenti che dimostrano una sempre più agguerrita iniziativa a ridurre gli spazi di legalità, a vantaggio dell’arbitrio che pretende farsi legge. Su questo occorrerebbe riflettere ancora a lungo, ma basti per ora ribadire che difendere le proprie radici culturali di qualità non è umiliare l’altro ma aprirgli nuovi orizzonti di sapere e conoscenza.
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