Se scompare una specie di Michele Zarrella

Sull’astronave Terra ci troviamo in una tempesta perfetta: aumento esponenziale della popolazione, aumento esponenziale dell’anidride carbonica e dei gas serra, cambiamento climatico, riduzione delle risorse naturali, Overshoot day, estinzione di specie animali e vegetali, dimensione etica in forte calo. Gli scienziati ci avvertono che stiamo correndo verso il baratro di una situazione grave che potrebbe sfuggire al nostro controllo. Grazie all’equilibrio della biosfera contenuto in limiti ristretti degli ultimi 10.000 anni, pur nella sua perenne dinamicità, l’Homo sapiens ha potuto sviluppare la società in cui viviamo. Ma dal secolo scorso sta modificando pesantemente quell’equilibrio tanto che potrebbe risultare invivibile per le future generazioni. Occorre porvi rimedio al più presto. Per fare ciò dobbiamo cambiare prospettiva e vedere l’ambiente come qualcosa di cui stiamo dentro e di cui facciamo parte e non come qualcosa di esterno da sfruttare il più possibile anche a scapito di rendere l’aria irrespirabile, l’acqua non potabile, il cibo tossico e i pesci contaminati con mercurio e plastica, la temperatura alta con conseguente cambiamento climatico. Le parole migliori per esplicitare questo concetto sono della grande scrittrice Anna Maria Ortese: “Noi oggi temiamo la guerra e l’atomica, ma chi perde ogni giorno il suo respiro, la sua felicità per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso del respiro di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli che sono tutte le altre specie può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno per una parte dei viventi e non vorranno solo dire la felicità e il diritto di una parte e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora quando anche la pace del fiume, dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso anche la pace e la sicurezza dell’uomo.”

Dobbiamo cambiare prospettiva e riprendere la consapevolezza che siamo parte dell’ambiente in cui viviamo e siamo l’ambiente stesso come una goccia d’acqua fa parte dell’oceano ed forma l’oceano. Così noi siamo parte dell’ambiente, lo formiamo e lo modifichiamo con la nostra presenza. E poiché siamo una specie che si deve adattare all’ambiente, per vivere, l’ambiente modifica noi. In questo continuo mutare dell’ambiente e del clima delle ere glaciali e interglaciali la specie Homo è riuscita ad adattarsi perché i cambiamenti avvenivano in tempi lunghi di decine e decine di migliaia di anni. E la cosa che gli scienziati hanno rilevato è che la concentrazione di anidride carbonica negli ultimi 800.000 anni ha sempre oscillato entro l’intervallo di 170 parti per milione (ppm) a 300 ppm. Dalla seconda decina d’anni del secolo scorso abbiamo superato le 300 ppm e sono continuate ad aumentare tanto che, oggi, abbiamo 425 ppm. Cioè in un secolo la concentrazione di anidride carbonica è aumenta di oltre 100 ppm portandoci ad una era calda mai registrata in 800.000 anni. La nostra specie saprà adattarsi in tempi rapidi al cambiamento dell’ambiente che sta avvenendo così velocemente? Perché sottoporsi a questa prova? Non è più sapiente evitare questo riscaldamento eccessivo e contenere al massimo l’aumento di temperatura entro due gradi a fine secolo? L’Accordo di Parigi prevedeva proprio questo, ma non lo stiamo rispettando. Lo vogliamo fare? Le tecnologie ci sono, i mezzi pure. Occorre solo la volontà di farlo.