C’era una volta…Dalla gioia dello stare insieme, dalla cultura del vicolo, della piazza, del casolare, dall’essenzialità, all’ostentazione ed alla necessità di apparire!
La solitudine delle persone che oggi, più che in passato, non sanno o non riescono più a ridere ed essere felici, mentre una volta si era felici con poco, con niente!
Sarà che sono passati gli anni, sarà che il passato viene sempre rivisitato, con un certo animo nostalgico ed edulcorato.
Credo che, spesso, questo passato rivisto anche attraverso foto, diventa la cronaca di un modo di essere, di un modo di vivere, di relazioni, di spensieratezza, di speranze e di progetti, di testimonianze e di impegni, ma anche di essenzialità di messaggi.
Si messaggi, facilmente codificabili, nel vissuto quotidiano di una volta, della civiltà della comunicazione fatta di strette di mano, di pacche sulle spalle, di sguardi, di occhi che parlavano, di gesti concreti e non eterei, di lunghe passeggiate, di dialoghi a volte… taciuti; oppure fatti, di cenni, di emozioni scoperte sul viso o volto dell’altro, di occhi che trasmettevano emozioni, lucidi dalla gioia, bagnati dalle lacrime, per dolori o partenze, sgranati per forti emozioni, piccoli da innamorati, a volte addirittura “-cotti o lessi”.
Un modo di essere, fatto anche di lavoro, con dignità dei genitori, di sacrifici “felici”, condivisi nelle famiglie, dei riti dello stare insieme, da tavole imbandite dove, “aggiungi un posto a tavola”, non era una commedia di Garinei e Giovannini,
ma la festa dell’accoglienza, le porte delle case sempre aperte per offrire un bicchiere di vino, dal grattugiare il formaggio, che oggi non lo fa più nessuno, dall’odore del ragù, dal profumo del sapone marsigliese o scala, emanato dalle mani delle mamme che avevano da poco fatto il bucato, dall’odore del borotalco, usato dopo il bagnetto dei bambini, dalla gioia nel preparare “le bottiglie oppure buccacci”, la salsa per l’inverno, poi il raccogliere le ciliege, i gelsi, le more, i ceci, ecc…La natura a portata di mano….
L’odore del pane fatto in casa, i biscotti, i taralli ed i dolci caserecci che con tipologie diverse, scandivano le stagioni i tempi e le feste, le prime TV con “ lo stabilizzatore”, per la corrente, con il lume sopra, la TV dei Ragazzi, Rint Tin Tin, Stanlio ed Ollio, Charlot e Buster Kitton, Gianni e Pinotto, Il Telegiornale e poi Carosello, gli sceneggiati televisivi: Il Mulino sul Po, Studio Uno, Canzonissima, Alberto Lupo, Mina, Morandi e Ranieri, le gemelle Kesler in calzamaglia nera, Perry Mason, Tragedia americana, il tenente Sheridan, Maigret.
Prima ancora della TV, i racconti, “li cunti”, della nonna vicino al camino o al braciere, che spesso era inserito nella “pedana” e tutti intorno a poggiare i piedi al caldo, il fuoco era sempre accompagnato da un pentolino con l’acqua, poi venivano messe bucce di mela o mandarino per “edulcorare” l’acidita della carbonella.
Spesso il braciere, era protetto con uno strano arnese, su cui si poggiavano i panni ad asciugare ancora di più, quando fuori era cattivo tempo. Quando poi le serate d’inverno erano lunghe, allora i racconti bisognava inventarli o arricchirli ancora di più.
Questi racconti erano quasi tutti tristi, maliconici, spesso paurosi, per cui i bimbi poi nell’andare a dormire, per la paura si coprivano la testa fino agli occhi, sotto le lenzuola e coperte. Le canzoni che segnavano le stagioni e le cantavi per anni.
Poi c’era il juke box che con 100 lire ti dava tre canzoni, poi la grande tecnologia il flipper, insieme al bigliardino. Molto sommariamente, per voli pindarici, ho voluto qui ricordare la stagione, se non la civiltà, del cortile, della piazza, della comunità, dello stare insieme di una volta.
Oggi, nella civiltà del culto dell’immagine, della rappresentazione e non dell’essere, della
grande confusione dei valori e di riferimenti, degli I-pone, I-pad, dei tweet, dei social
forum, ecc.ecc., della frenesia dei ritmi e dei tempi c’è necessità di recuperare questa
dimensione, certo, con modi e tempi diversi, ma un recupero dell’essenzialità dei gesti, dei
simboli, dei codici, accompagnati da una forte umanità relazionale è fondamentale.
Credo che sarà opportuno se non necessario riscoprire un nuovo umanesimo!
Tony Lucido