La crisi ambientale e la sopravvivenza umana diMichele Zarrella
Gli uomini per millenni hanno pensato – e alcuni lo pensano ancora – di essere al centro dell’Universo, di essere al centro della creazione. A dare dei grossi colpi a questo pensiero ci hanno pensato Copernico che disse che la Terra non è al centro del sistema solare, ed oggi sappiamo che non è tantomeno al centro dell’Universo; Charles Darwin che disse che l’uomo non è al centro della creazione: non è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; Sigmund Freud che l’uomo non padrone nella casa di psiche, cioè
l’uomo non controlla il proprio io è gravato dall’inconscio che non controlla. Questi, ed altri scienziati hanno demolito l’idea egocentrica dell’uomo. Ma questa idea è dura a morire.
Il biologo Eduard Wilson negli anni Novanta del secolo scorso ha detto che l’uomo non può fare a meno dell’ecosistema in ci vive, e proseguì il suo ragionamento dimostrando come in realtà ci stiamo avvicinando a quella che lui chiamava la sesta estinzione di massa che questa volta avrebbe riguardato proprio l’uomo, perché era a rischio la sopravvivenza dell’essere umano sul pianeta. Infatti oggi viviamo in un sistema produttivo in cui si stanno verificando quei tre principali elementi che nel passato hanno caratterizzato le precedenti estinzioni. Esse sono: dinamiche accelerate relative al clima, cambiamenti notevoli nella composizione dell’atmosfera e fattori di stress ad alta intensità – oggi provocati dalle attività antropi-
che. Riguardo a tale problema abbiamo due categorie: i catastrofisti e i negazionisti. I catastrofisti in sintesi ritengono che l’uomo con le sue attività mette a rischio la sopravvivenza del pianeta. I negazionisti invece ritengono che il pianeta non subirà alcun rischio. In realtà sbagliano entrambi perché pensano che sia in gioco la sopravvivenza del pianeta. Sia Wilson che altri biologi dopo di lui c’hanno dimostrato che
a rischio non è il pianeta Terra: a rischio è l’uomo che lo abita. A seguito dei cambiamenti climatici il pianeta modificherà alcune sue caratteristiche ma continuerà a girare su sé stesso e a orbitare intorno al Sole per altri miliardi di anni, però tali modifiche non permetteranno più all’uomo di vivere su di esso. Insomma ci troviamo di fronte al paradosso che l’Homo sapiens, cioè la parte intellettualmente più evoluta di tutto il cammino dell’umanità rischia di essere quella che durerà di meno. E non avverrà per cause naturali interne come terremoti, maremoti o esterne come impatti con asteroidi o radiazioni cosmiche di altissima energia, ma sarà causa lui stesso del suo estinguersi, a causa di un sistema economico che dà valo-
re al profitto e un sistema tecnologico che contribuisce al cosiddetto “progresso”. Al di fuori di profitto e progresso tecnologico pare non esserci più altro orizzonte valoriale per il quale l’umanità è spinta a muoversi. Perfino durante la pandemia l’uomo non ha smesso di ricercare il profitto effettuando speculazioni finanziarie volte a speculare sull’emergenza sanitaria. E poi c’è un altro aspetto ancora più significativo perché questo virus, come tanti altri, è stato il prodotto del fenomeno chiamato zoonosi, cioè malattie trasmesse all’uomo dagli animali. E questo succede perché da un lato stiamo togliendo agli animali il loro
habitat e dall’altro perché li sottoponiamo ad allevamenti intensivi nutrendoli con tutta una serie di sostanze che fanno produrre il virus all’interno del corpo degli animali e lo trasmettono a noi uomini quando quell’animale lo mangiamo. Dunque la specie più intelligente, l’Homo sapiens, è una specie egocentrica,
presuntuosa e avida. Ma oggi la sua sopravvivenza si trova di fronte a un bivio: coltivare l’umanità e la vita o abbandonarsi al suo egocentrismo presuntuoso e avidamente cieco? A rischiare non è il pianeta che continuerà a girare su sé stesso e intorno al Sole; a rischiare è l’uomo e la vita che lo abita come la conosciamo adesso. Prima ce ne accorgiamo e prima potremo prendere provvedimenti per prevenirla. Soltanto un uomo più consapevole e più umano potrà decidere di non estinguers
Gli uomini per millenni hanno pensato – e alcuni lo pensano ancora – di essere al centro dell’Universo, di essere al centro della creazione. A dare dei grossi colpi a questo pensiero ci hanno pensato Copernico che disse che la Terra non è al centro del sistema solare, ed oggi sappiamo che non è tantomeno al centro dell’Universo; Charles Darwin che disse che l’uomo non è al centro della creazione: non è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; Sigmund Freud che l’uomo non padrone nella casa di psiche, cioè
l’uomo non controlla il proprio io è gravato dall’inconscio che non controlla. Questi, ed altri scienziati hanno demolito l’idea egocentrica dell’uomo. Ma questa idea è dura a morire.
Il biologo Eduard Wilson negli anni Novanta del secolo scorso ha detto che l’uomo non può fare a meno dell’ecosistema in ci vive, e proseguì il suo ragionamento dimostrando come in realtà ci stiamo avvicinando a quella che lui chiamava la sesta estinzione di massa che questa volta avrebbe riguardato proprio l’uomo, perché era a rischio la sopravvivenza dell’essere umano sul pianeta. Infatti oggi viviamo in un sistema produttivo in cui si stanno verificando quei tre principali elementi che nel passato hanno caratterizzato le precedenti estinzioni. Esse sono: dinamiche accelerate relative al clima, cambiamenti notevoli nella composizione dell’atmosfera e fattori di stress ad alta intensità – oggi provocati dalle attività antropi-
che. Riguardo a tale problema abbiamo due categorie: i catastrofisti e i negazionisti. I catastrofisti in sintesi ritengono che l’uomo con le sue attività mette a rischio la sopravvivenza del pianeta. I negazionisti invece ritengono che il pianeta non subirà alcun rischio. In realtà sbagliano entrambi perché pensano che sia in gioco la sopravvivenza del pianeta. Sia Wilson che altri biologi dopo di lui c’hanno dimostrato che
a rischio non è il pianeta Terra: a rischio è l’uomo che lo abita. A seguito dei cambiamenti climatici il pianeta modificherà alcune sue caratteristiche ma continuerà a girare su sé stesso e a orbitare intorno al Sole per altri miliardi di anni, però tali modifiche non permetteranno più all’uomo di vivere su di esso. Insomma ci troviamo di fronte al paradosso che l’Homo sapiens, cioè la parte intellettualmente più evoluta di tutto il cammino dell’umanità rischia di essere quella che durerà di meno. E non avverrà per cause naturali interne come terremoti, maremoti o esterne come impatti con asteroidi o radiazioni cosmiche di altissima energia, ma sarà causa lui stesso del suo estinguersi, a causa di un sistema economico che dà valo-
re al profitto e un sistema tecnologico che contribuisce al cosiddetto “progresso”. Al di fuori di profitto e progresso tecnologico pare non esserci più altro orizzonte valoriale per il quale l’umanità è spinta a muoversi. Perfino durante la pandemia l’uomo non ha smesso di ricercare il profitto effettuando speculazioni finanziarie volte a speculare sull’emergenza sanitaria. E poi c’è un altro aspetto ancora più significativo perché questo virus, come tanti altri, è stato il prodotto del fenomeno chiamato zoonosi, cioè malattie trasmesse all’uomo dagli animali. E questo succede perché da un lato stiamo togliendo agli animali il loro
habitat e dall’altro perché li sottoponiamo ad allevamenti intensivi nutrendoli con tutta una serie di sostanze che fanno produrre il virus all’interno del corpo degli animali e lo trasmettono a noi uomini quando quell’animale lo mangiamo. Dunque la specie più intelligente, l’Homo sapiens, è una specie egocentrica,
presuntuosa e avida. Ma oggi la sua sopravvivenza si trova di fronte a un bivio: coltivare l’umanità e la vita o abbandonarsi al suo egocentrismo presuntuoso e avidamente cieco? A rischiare non è il pianeta che continuerà a girare su sé stesso e intorno al Sole; a rischiare è l’uomo e la vita che lo abita come la conosciamo adesso. Prima ce ne accorgiamo e prima potremo prendere provvedimenti per prevenirla. Soltanto un uomo più consapevole e più umano potrà decidere di non estinguers