Le preoccupazioni mie e di tanti, i crucci, i tormenti del presente, scaturiscono da due fatti fondamentali. Il primo è costituito dalla follia di Putin, che in preda alla mania di grandezza, al sogno di potenza millenaria, ha prima ingannato l’occidente. Poi ha adescato i più deboli o i più interessati, per gioco di potere, alla spartizione dei benefici dalle trame ordite dal Cremlino.
Quando ha capito che l’occidente non avrebbe reagito con la necessaria energia, ha sferrato l’attacco all’Ucraina, considerata facile preda da assoggettare senza scrupolo. Ha scatenato un’aggressione di cui sono stati capaci in Europa solo i nazisti, di cui i russi oggi ne sono un’esemplificazione troppo veritiera.
Il secondo è dato dalla rappresentazione più marchiana, variopinta e paesana, dei tanti filoputiniani nostrani che, a parole, pronunciate a fatica e non corrispondenti al loro intimo, predicano la pace, propugnano la soluzione diplomatica, ma non vogliono che si aiuti l’Ucraina a difendersi. L’Ucraina dovrebbe sedersi al tavolo dei negoziati nelle condizioni di resa o di sconfitta. E sono tanti. Principalmente il bulletto di periferia, Salvini, improvvisatosi, dopo gli intrallazzi gestiti con i signori del Cremlino per conto della Lega, curatore e difensore della pace europea. Si è illuso di essere il presidente del consiglio o il ministro degli esteri, propugnatore di uno stop all’invio di armi in Ucraina, obbedendo pedissequamente al dettato putiniano.
Insieme a lui il catapultato alle alte sfere della politica nazionale che, illudendosi di poter recuperare parte della credibilità compromessa se non ridotta di molto del programma volatile dei 5S, tira fuori la possibilità di non confermare l’invio di armi all’Ucraina nella prossima seduta del parlamento. Putin si è rivelato macellaio, assassino, inaffidabile, bugiardo, simulatore e dissimulatore, persona con cui eventualmente anche trattare ma sapendo che di lui, di quello che dice, non ci si potrà fidare neanche lontanamente. Così come non si può tenere in nessun conto quello che ripetono i suoi megafoni, da Lavrov, a Peskov e compagnia cantando, inclusi i pifferai dell’informazione di stato, monotona, monocorde, sempre la stessa musica.
La posizione che al momento trovo più condivisibile è quella di Letta, chiara, senza equivoci e senza titubanze a sostegno di un paese aggredito, massacrato spietatamente da squadre e orde assassine, magari alcune costrette ad esserlo pur senza volerlo. Non vedo l’ora che gli ucraini siano messi nelle migliori condizioni per bloccare il successo dei russi e costringerli così a trattare, ma alla pari, non da posizione dominante.
Non credo che ci sia da augurarsi una sventura personale di Putin: non risolverebbe il problema, perché morto o eliminato un Putin, ne verrebbero fuori tanti altri, probabilmente della stessa pasta, nutriti e allevati nel sogno di una Russia invincibile e che può in qualsiasi momento decidere ciò che è bene, ciò che è male, quel che occorre fare e quel che è doveroso imporre agli altri, al di fuori di ogni logica che obbedisca alle ragioni del diritto internazionale.
La Russia fa quello che vuole, purtroppo, e l’Europa sonnecchia, è incapace di scelte coraggiose e la realtà è che, anche se i russi pensavano di contare su una più ampia maggioranza di paesi favorevoli alle sue pretese, diversi paesi sono ancora legati al carrozzone russo, pur inseriti a pieno titolo sia nell’Unione Europea (vedi Ungheria), sia nella NATO (vedi la Turchia).
Non è facile venirne fuori, pervenire alla quadratura del cerchio, ma alla fine gli sforzi diplomatici qualche frutto dovranno pur sortirlo, anche se con risultati migliori per l’Ucraina se militarmente gli ucraini riusciranno a contrastare seriamente la minaccia russa.
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