AIRD, lo European Chips Act per limitare la vulnerabilità rispetto ai produttori

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AIRD, lo European Chips Act per limitare la vulnerabilità rispetto ai produttori

C’è un chip in una miriade di oggetti che usiamo ogni giorno, nelle macchine produttrici ed in ogni sistema di controllo o produzione, ma qual è la situazione sulla produzione di questi piccoli e preziosi manufatti?

Le recenti vicende belliche ci interrogano sull’opportunità di avere rapporti di dipendenza da fornitori di qualsiasi natura e ci pongono la sfida dell’autosufficienza, ce ne parla Claudio Nassisi dell’AIDR Associazione Italiana Digital Revolution nello scritto che segue a proposito dell’European Chips Act.

“Cosa hanno in comune un’automobile, un cellulare e un peacemaker? – scrive Nassisi -Di sicuro all’interno hanno almeno un chip che ne gestisce le funzionalità.
Nati alla fine degli anni ’50 dai laboratori della Texas Instruments,  i circuiti integrati sono diventati elementi basilari per la  componentistica di qualsiasi apparecchio che utilizziamo nel quotidiano.
Per la loro valenza strategica sono stati recentemente oggetto  dell’attività della Commissione Europea che si è espressa in termini  di sovranità tecnologica.
Il mercato dei chip è infatti piuttosto definito. Il leader mondiale è  Taiwan e a seguire la Corea del Sud con Samsung e TSMC in una  posizione di quasi monopolio.
Il mercato asiatico è anche leader mondiale nel settore della  fabbricazione e nell’assemblaggio dei semiconduttori che, a loro  volta, sono alla base dei microprocessori stessi.
L’Unione Europea è invece una importatrice netta di tecnologia con una  quota di produzione di chip pari a circa il 9% del totale.
Tenuto conto di questo sbilanciamento evidente nella dislocazione dei  principali player del mercato e delle vulnerabilità emerse nella  fornitura di questo tipo di componenti nel corso della pandemia dovuta  al Covid-19 (che ha coinvolto pesantemente anche il settore  automobilistico), la Commissione europea ha ritenuto necessario  prevedere una strategia finalizzata a colmare il gap in questo settore  industriale.
Lo scorso settembre 2021 il Presidente della Commissione UE Ursula von  der Leyen ha anticipato un Chips Act europeo nel suo discorso sullo  stato dell’Unione finalizzato a coordinare gli investimenti nazionali  e internazionali. Un’azione analoga è stata già intrapresa dagli  U.S.A. alla fine del 2020 per una spesa complessiva di 52 miliardi di  dollari fino al 2026.
In sintesi ci si propone di raggiungere almeno il 20% della produzione  mondiale entro il 2030 cogliendo l’opportunità di sviluppare un  mercato digitale e un miglioramento produttivo del settore tech che  sia radicale.
Tale iniziativa segue quella intrapresa nel dicembre 2020 da 22 Stati  membri che hanno deciso di intensificare i propri sforzi per stimolare  la produzione di processori e semiconduttori per affrontare al meglio  le sfide in termini di sicurezza e di sviluppo tecnologico.
Gli sforzi europei devono essere finalizzati al settore produttivo e  ai materiali, all’integrazione delle singole soluzioni, a un  incremento della presenza in settori ad alta crescita come quello dei  trasporti, delle comunicazioni, dell’energia e, infine, a valorizzare  la ricerca e il capitale umano presente nelle università e nei centri  di ricerca.
In sostanza, gli obiettivi strategici europei saranno: il  rafforzamento della leadership nella ricerca e nel potenziale  tecnologico; il potenziamento della capacità di innovare nel settore  dei chip più performanti e con consumi energetici ridotti;  l’adeguamento della capacità produttiva entro il 2030 dopo il quale è  prevista una crescita significativa della domanda; la possibilità di  attrarre nuovi professionisti tenuto conto dell’importante deficit  attuale; la creazione di una rete di soggetti imprenditoriali in grado  di prevenire e rispondere in maniera adeguata alle future eventuali  crisi internazionali.
Al fine di rafforzare la propria capacità di innovare sono stati  previsti investimenti dedicati anche mediante i programmi Horizon  Europe e il Digital Europe che si andranno ad affiancare ai  prevedibili investimenti privati.
In pratica sarà prevista una nuova modalità di produzione dei chip che  consentirà di sviluppare nuove applicazioni per i processori e  semplificare le fasi precedenti alla messa in produzione degli ultimi  modelli (test dei prototipi prima della fase di commercializzazione)  accorciando dunque la catena tra la fase Lab (laboratorio) a quella  Fab (produzione e commercializzazione).
Saranno quindi individuate due categorie di industrie: quelle che  progettano e producono per gli altri soggetti industriali e quelle che  producono invece per il proprio mercato.
Per avere diritto agli incentivi gli impianti dovranno essere i “primi  nel loro genere”.
Forse non a caso è arrivato l’annuncio di Intel, dagli U.S.A., ha  deciso di investire in Europa circa 80 miliardi di euro in 10 anni a  partire dal 2023 per realizzare impianti di ricerca e sviluppo  connessi al settore dei semiconduttori con la messa in produzione a  partire dal 2027 e la conseguente creazione di nuove possibilità di  impiego per i profili più specializzati”.