Scognamiglio: “Con la legge sull’agricoltura biologica nuove prospettive per le aree interne”
“La legge quadro sull’agricoltura biologica, in via di approvazione, colma un vuoto normativo, consentendo la crescita di un settore produttivo di qualità e favorendo la conversione ecologica delle coltivazioni, nelle aree interne come nel resto del Paese, in linea con gli indirizzi europei”. A sostenerlo è Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale di Unci Agroalimentare, dopo il via libera definitivo della Camera dei deputati al disegno di legge n. 998, giunto al termine di un tormentato iter.
“L’Italia è tra i Paesi leader nella produzione biologica – ha proseguito il dirigente dell’associazione di categoria della cooperazione – e il primo in Europa (secondo al mondo dopo gli Stati Uniti) nell’esportazione di prodotti bio, con oltre 2,9 miliardi di euro di vendite estere, circa il 6% dell’intero export agroalimentare nazionale. Una crescita che negli ultimi 10 anni ha raggiunto il 156%. Fino ad oggi però non esisteva un riconoscimento ufficiale di questo importante comparto, né una disciplina normativa, più volte sollecitata dagli operatori. Adesso per l’agricoltura si apre una nuova fase, non solo in termini di innovazione produttiva, ma anche di tutela dell’ambiente e della salute dei consumatori, con importanti ricadute economiche per il settore primario. Un sostegno fondamentale per l’agricoltura bio nostrana, nella transizione agro-ecologica, resa necessaria dal Green Deal dell’Unione europea e dalle strategie Farm to Fork per la sostenibilità alimentare e Biodiversità 2030 di Bruxelles.
In questo quadro, è apparsa opportuna la correzione introdotta al testo originario della norma, che impropriamente equiparava l’agricoltura biologica a quella biodinamica, pratica quest’ultima che non si basa su evidenze scientifiche, ma rinvia ad una visione olistica della natura, intrisa di suggestioni astrologiche e di rituali esoterici, derivanti dall’Antroposofia di Rudolf Steiner. Il rischio di alimentare equivoci ed ambiguità infatti sarebbe stato molto alto, ma soprattutto si sarebbero dirottati fondi preziosi, destinati alla ricerca, in direzione di novelli fattucchieri, mentre invece l’agricoltura ha bisogno di tecnici altamente qualificati e specializzati”.
“Tra le importanti novità – ha concluso Scognamiglio – inserite nel provvedimento, il marchio “Made in Italy bio”, i distretti agricoli biologici ed un fondo destinato alla formazione e alla ricerca. Strumenti che consentiranno sinergie con gli attori istituzionali e sociali del territorio, rilanceranno la produzione ed agevoleranno il raggiungimento degli obiettivi fissati nella Strategia nazionale della Politica agricola comune, per portare la superficie coltivata con sistema biologico certificato dall’attuale 16% al 25% entro il 2027 e al 30% entro il 2030”.