AIDR. “Drogati” di semiconduttori

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Biagino Costanzo, AIDR

AIDR. “Drogati” di semiconduttori

Quello dei “semiconduttori” non è forse un tema noto al grande pubblico, è però qualcosa che coinvolge tutti in quanto questi preziosi materiali sono usati in una infinità di tecnologie e la loro scarsità potrebbe dare vita a conseguenze dannose nei più svariati settori produttivi.

Ne parla nello scritto che segue Biagino Costanzo, dirigente d’azienda e socio dell’AIDR Associazione Italian Digital Revolution

“Il governo italiano ha utilizzato ad aprile di quest’anno i poteri  speciali, per bloccare l’acquisto del 70% di un’azienda, per la prima  volta in questo caso, attiva nel settore dei semiconduttori da parte  di un colosso cinese, scongiurando di fatto, un’azione che avrebbe  potuto avere risvolti irreversibili.
Il golden power, lo sappiamo, è uno scudo governativo, in grado di  salvaguardare gli asset strategici e di interesse nazionale quali la  difesa, la sicurezza, le comunicazioni, l’energia ed anche i trasporti.
I semiconduttori sono materiali che si collocano tra i conduttori e  gli isolanti e che, in virtù delle loro particolari proprietà fisiche,  trovano largo uso nell’elettronica: infatti grazie ad un processo  relativamente semplice da controllare, chiamato drogaggio, è possibile  adeguarli alle diverse necessità di impiego, motivo per cui oggi sono  alla base di… tutto!Sappiamo che la pandemia, con le conseguenti reiterate (e necessarie)  chiusure, si è scagliata sulla maggior parte delle attività  imprenditoriali condizionando, di fatto, la disponibilità di mano  d’opera, le opportunità di business ed i profitti.
Il settore che innegabilmente ha risentito più di altri di questa  condizione, è quello automobilistico, per due principali motivi.
Da un lato, gli unici trasporti rivelatisi necessari in questo  frangente, sono stati quelli per l’approvvigionamento di beni di prima  necessità e/o urgenza, mentre tutte le altre attività sono state  demandate al digitale.
A pochissimi privati è sembrato opportuno, nel corso del 2020,  acquistare un’auto, mentre, d’altro canto, tale circostanza, ha  richiesto un aumento esponenziale della domanda legata al consumo  tecnologico, proprio per adattarsi da remoto alla nuova normalità.
I risultati sono stati un massivo ridimensionamento della produzione e  differente ricollocazione delle “materie prime” digitali.

Ogni nostra comodità, oggi, è fatta di chip e l’agiatezza – si sa –  non è un fenomeno reversibile.  È ben noto a chi ripone in questo le  proprie fortune.
(https://www.aidr.it/dammi-tre-parole-internet-of-things-2/)

Su larga scala, tale aspetto ci permette tranquillamente di affermare  che le economie di interi paesi dipendono da questi materiali e dunque  l’attuale crisi nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori  deve essere assolutamente arginata, cercando di limitare le attuali  carenze e la dipendenza dell’Europa dall’ecosistema globale dei chip,  in cui le industrie asiatiche sono protagoniste incontrastate.

Agli Stati uniti, al fine di aumentare la trasparenza su tutta catena  di fornitura, è bastato nominare il Defence Production Act (insieme di  misure atte a facilitare la produzione di beni e servizi necessari per  la sicurezza nazionale e per altri scopi nato nel secondo dopoguerra,  espressione formale della guerra fredda) per ottenere, da parte dei  maggiori produttori di semiconduttori, la condivisione delle  informazioni relativamente alle proprie scorte e modalità di consegna.  Il tutto nel giro di poco più di un mese.
Ne escono fuori cifre da capogiro: dalla sola Tsmc (Taiwan  Semiconductor Manufacturing Company, la più grande fabbrica di chip al  mondo che rappresenta il 5% dell’economia taiwanese), che ha risposto  alla richiesta americana e fornito i propri dati, emerge che la  previsione delle vendite annuali dovrebbe raggiungere gli oltre 56  miliardi di dollari.

Come risponderà il Vecchio Continente?
Nel mese di settembre è stato presentato l’European Chips Act che ha  come scopo quello di creare le condizioni normative ottimali per unire  le forze e realizzare interessi mirati alla supremazia tecnologica,  evitando di sopperire e dipendere totalmente dai mercati stranieri.
L’obiettivo è quello di raddoppiare la produzione interna entro il  2030, realizzando così la trasformazione digitale dell’economia europea.
Questa legge aiuterebbe così a far confluire le capacità di ricerca,  sperimentazione e progettazione, coordinando gli investimenti e  sviluppando nuovi mercati, garantendo così la famigerata resilienza  continentale.

Contestualmente, l’Italia può rendersi protagonista ed essere incisiva  e se – e solo se – riuscirà a sfruttare al meglio il proprio, unico e  irripetibile, asso nella manica: il Piano Nazionale di Ripresa e  Resilienza.
Il PNRR ha già scientemente preso in considerazione la necessità di  intraprendere importanti investimenti per la tecnologia italiana,  sostenendo il settore della microelettronica attraverso la  combinazione di strumenti di sostegno finanziario per la Ricerca e  Sviluppo, affinché il sistema industriale possa tornare ad essere il  fiore all’occhiello dell’economia nazionale e sia in grado di  accorciare la catena produttiva di questi materiali.
Per fare questo, e ridurre le nostre “dipendenze”, possiamo contare su  basi invidiabili: le competenze di ricerca, alta ingegneria e la forte  specializzazione tecnologica che da sempre ci differenziano, se  opportunamente indirizzate in questa visione europeista della Europe’s  digital decade, permetteranno di attrarre investimenti e renderanno  concreto il ritorno in prima linea del nostro Paese.

Non possiamo permetterci il lusso di perdere questa opportunità e  pensare che sia un investimento come gli altri: questa volta abbiamo  l’occasione di misurarci con una manovra che, finalmente, disegni il  futuro”.