Pandemia, società digitale, etica ed umanità di Davide D’Amico, dirigente pubblico e consigliere AIDR
Si parla continuamente dell’importanza del digitale, e di quanto sia necessario trasformare il nostro Paese, ed in particolare le imprese e le pubbliche amministrazioni, verso modelli nuovi basati sulle tecnologie moderne.
In realtà in questo ultimo periodo si è consumata una vera e propria trasformazione digitale della nostra società, e nel bene o nel male siamo tutti coinvolti. È possibile riscontrare questo cambiamento nel momento in cui le libertà analogiche sono diventate essenzialmente esperienze digitali durante lo stato di emergenza e lockdown da COVID-19. Oltre a ciò, perfino una parte sostanziale della nostra identità è ora digitale.
Il lavoro, il divertimento, la comunicazione e le relazioni sociali sono attività che hanno subito un mutamento sostanziale essendo trasferite prevalentemente on-line. Le nostre impronte digitali si sono diffuse e continuano a diffondersi su internet in modo esponenziale e con un disordine solo apparente, che lascia facilmente comprendere, a mani esperte di tecnologie, chi siamo, il nostro carattere, i nostri gusti, le nostre abitudini, etc…
Il flusso di dati diffuso on-line da ciascuno di noi, durante la pandemia, ha mobilitato tempestivamente l’interesse di molte imprese e governi, considerato che le nostre interazioni digitali e i relativi dati hanno un valore incalcolabile, e non solo per l’enorme quantità cui si fa riferimento, ma anche per la correlata e prima impensabile qualità delle informazioni rilevate. In pratica il trascorrere ore on-line, per lavoro e per divertimento nonché per azzerare le distanze fisiche con i nostri cari, sta costruendo un importante aggregato di dati e di sfumature sui comportamenti e i pensieri umani, che stanno accelerando i processi di “machine learning” in modo esponenziale.
Questo ormai “infinito database di informazioni personali, caratteriali e comportamentali” tocca, inconsapevolmente, anche aspetti psicologici profondi del nostro vivere quotidiano, e getta le basi affinché l’intelligenza artificiale possa effettivamente svilupparsi, attraverso un addestramento basato su milioni di miliardi di nostre “azioni e pensieri” nella rete. Mai prima d’ora avremmo pensato di aiutare la tecnologia a sapere così tanto su di noi e soprattutto ad imparare da noi e dai nostri modi di fare e di essere.
Ciò sta avvenendo, in un contesto di necessità dovuto all’emergenza pandemica ancora in atto, spesso senza una effettiva consapevolezza dovuta alla scarsa conoscenza e anche alla scarsa trasparenza informativa, che ha consentito anche di superare, in molte circostanze ed anche in modo quasi scontato, uno dei più importanti diritti che l’uomo possa oggi avere: la privacy.
Inoltre cosa che deve far sempre più riflettere è che, in questo momento di emergenza pandemica, mentre da un lato lo Stato dimostra il suo potere analogico fermando (in un certo senso) la realtà e confinando per molto tempo la cittadinanza nelle loro abitazioni, paralizzando inevitabilmente anche l’economia, dall’altro il mondo on-line sembra essersi liberato del controllo e della sovranità dello Stato.