Relazione tra Covid e obesità ne parla l’esperto
Dopo oltre un anno dall’inizio della pandemia che ha cambiato lo stile di vita di tutti, o quasi, anche quello alimentare ha visto dei grossi mutamenti e, spesso, accentuando le forme di disagio alimentare. Abbiamo chiesto quale sia la relazione tra Covid e obesità al biologo-nutrizionista, Gerardo Bocchino.
“Il covid-19 è la più grande pandemia degli ultimi 100 anni. E’ di fondamentale importanza comprendere, specialmente in termini di prevenzione, che l’incidenza del virus e il tempo di ospedalizzazione del paziente infetto dipendono da diversi fattori, legati anche allo stile di vita e alle condizioni fisiologiche di quest’ultimo. È ormai un dato certo che sono esposti ad un maggiore rischio le persone anziane e le persone affette da obesità.
Quando si parla di obesità si intende un BMI maggiore di 30, tuttavia gli studi hanno riscontrato una differente risposta al virus anche tra pazienti normopeso e sovrappeso. Quindi, in termini generali, l’incidenza del Covid-19 diminuisce con il diminuire dell’indice di massa corporea.

Si consideri che il paziente obeso, di norma, è affetto da quella che viene definita sindrome metabolica, nella quale sono compresi fattori quali diabete, ipertensione, peso e circonferenza addominale elevati, trigliceridi e pressione oltre i valori di riferimento, tutti elementi che incidono fortemente sulla prevenzione e sullo stato di salute del paziente covid-19.
Infatti, essendo il Covid-19 un virus che attacca primariamente le cellule polmonari, sarebbe fondamentale prevenire una costrizione toracica e, pertanto, costituiscono condizioni favorevoli avere un BMI inferiore a 25, una circonferenza addominale minore di 102 cm per l’uomo e 88 cm per la donna, una buona vascolarizzazione e una pressione arteriosa di valore medio 120/80.
Da non sottovalutare un altro aspetto fondamentale che interessa principalmente il paziente obeso, ma non solo, è cioè lo squilibrio intestinale e quindi una maggiore infiammazione cronica di base, cosa che comporta una cattiva distribuzione batterica di tutto il tratto gastrointestinale, nonché respiratorio, facilitando l’invasione virale (cosiddetta disbiosi intestinale).
Il tessuto adiposo è un vero e proprio organo capace di stimolare la formazione di ormoni pro-infiammatori a discapito di quelli antinfiammatori con una minore risposta immunitaria e quindi una maggiore suscettibilità virale e un sensibile prolungamento del tempo di guarigione.
È possibile migliorare la funzionalità immunitaria preferendo un’alimentazione equilibrata povera in grassi saturi e zuccheri semplici nonché ricca di antiossidanti.
Per aumentare le difese immunitarie, invece, è consigliabile l’assunzione, in una giusta combinazione, di proteine ad alto valore biologico (con la presenza di arginina e glutammina), acidi grassi essenziali derivati da omega 3, fibra, vitamine come A, B, D e B6, B12 e B9, minerali come selenio, zinco e magnesio.
In particolare gli omega 3 diminuiscono anche l’effetto pro trombotico, la vitamina A ha un’azione sulle cellule polmonari aumentando lo strato mucoso protettivo, la vitamina C ha un’azione antiossidante all’interno della cellula, la vitamina E ha un’azione antiossidante sulla membrana favorendo la diminuzione dell’ingresso di sostanze pro-ossidanti, come i radicali liberi dell’ossigeno, proteggendo pertanto la cellula e l’organismo da sostanze tossiche in grado di modificare reazioni metaboliche e creare infiammazione .
Una particolare attenzione deve essere rivolta anche alla tanto discussa vitamina D la cui funzionalità aumenta con la diminuzione del peso andando ad agire non solo sui depositi di calcio ma anche sul sistema immunitario.
In conclusione, al fine di favorire la prevenzione al Covid-19 nonché diminuire l’incidenza degenerativa del virus e la conseguente prognosi, è importante alimentarsi correttamente mantenendo il corretto peso corporeo ed orientando le nostre scelte verso alimenti ricchi di antiossidanti i quali permettono un miglioramento delle funzioni immunitarie, sia in generale che specificamente a livello polmonare, regolando i recettori dell’ipertensione maggiormente interessati nell’introduzione del virus”.