Elena Liloia scrive la mia infanzia felice sotto forma di autobiografia perché decide di raccontarci la sua storia.
Ed è una storia simile a tante altre ma il suo desiderio nasce dal momento in cui inizia a porsi delle domande a cui ritiene necessaria dargli una risposta
Grazie al suo lavoro come insegnante nella scuola dell’infanzia ha avuto l’occasione di trascorrere molto del suo tempo a contatto con i bambini e osservandoli quotidianamente, anche attraverso i loro giochi, molte volte ha cercato di capire se anche la sua d’infanzia era stata serena.
Ed è così che ripercorre la sua vita da bambina, spensierata, fatta di giochi e amicizie in un tempo in cui la vita era più semplice e genuina.
Sono gli anni ’60 e Elena ci racconta come in un susseguirsi di “frame”, i suoi anni vissuti in Irpinia: tra Lioni, Castelfranci e Tavernarse (Nusco).
In tutto il racconto traspira fortemente la spensieratezza e la serenità effettivamente vissuta da lei bambina . Lei che è legata a quei ricordi in modo molto profondo e riesce a coinvolgere appieno il lettore grazie alla presenza di fotografie del suo passato e da canzoni che hanno segnato quelle generazioni.
Allora con grande facilità riusciamo ad assaporare le giornate estive vissute da Elena bambina dove ci da un’immagine vivida di quelle stradine strette tipiche dei paesaggi irpini diroccati, dove i bambini passavano molto tempo a giocare fuori casa, al punto tale da non rendersi nemmeno conto del tempo che passava
Ha un ricordo molto dolce per tutte le persone che hanno fatto parte della sua vita e ce ne ha regalato qui, attraverso il suo libro, un pezzetto della loro memoria: ci presenta la sua famiglia, gli amici, gli insegnanti, i cugini; di ognuno di loro ne parla come una parte fondamentale per la sua crescita e lo fa usando un linguaggio semplice e armonioso.
Elena in questo libro sembra volgere uno sguardo al passato, non solo della sua vita ma di quella di una intera generazione con tutta la sua cultura.
Il suo è un racconto mai malinconico, ma come qualcosa di necessario e importante per la formazione di sé e dell’intera società.
Quindi si rivolge a quei ricordi non come qualcosa di passato che non può più tornare, ma come qualcosa che è stato importante e da tenere sempre vivo per poter continuare a costruire.