La deriva della scuola italiana: fotografia di un’emergenza annunciata
Stiamo assistendo, senza colpo ferire, ad una vera e propria deriva della scuola italiana. Una storia che inizia da lontano e sembra rinnovarsi, di anno in BN BN anno, riforma dopo riforma, l’una peggiore dell’altra. Ora, le problematiche emergono in tutta la loro drammaticità. È aberrante che si continui a parlare di scuola senza coglierne l’essenza ma perdendosi in sterili diatribe. Non si può concepire un’idea di scuola senza partire dalla centralità della persona. La scuola, infatti, è chiamata ad adempiere ad un compito che, oggi, potremmo definire “emergenziale” ovvero promuovere l’essere persona nella sua interezza. L’ essere umano non è frutto di omologazione o l’equivalente di un robot da plasmare in base alle esigenze sociali del momento. Lo studente possiede una sua identità che va curata e valorizzata sotto tutti gli aspetti: culturali, relazionali, affettivi, etici e religiosi. Oggi si tende a trasformare la scuola in azienda dando priorità all’apparire piuttosto che all’essere attraverso una progettualità esasperata ed esasperante che, di fatto, penalizza la didattica tradizionale. Il ruolo del docente è stato svilito da tempo, deturpato della sua dignità. Basta riflettere sulla situazione di migliaia di precari, professionisti che, da anni, o meglio, da decenni, si impegnano, con sacrificio e dedizione, per contribuire alla formazione dei cittadini del domani. Ebbene, questi docenti, nell’indifferenza generale di chi dovrebbe tutelarli, continuano a svolgere il loro lavoro e ad impartire preziosi insegnamenti Costituzionali pur essendo consapevoli di essere, quotidianamente, defraudati dei loro diritti, particolarmente, quello alla salute e al lavoro( cfr. Cost. della Rep.Ital. art. 1. art.4. art.32) Un paradosso inaccettabile che farebbe arrossire di vergogna i nostri Padri Costituenti. Sulla questione scuola e sul precariato, tutti dovrebbero far sentire la loro voce ma, al contrario, accade che ci si perda in inutili, quanto sterili, diatribe. Oggi, tutti o quasi, gli articoli riguardanti la scuola continuano a pubblicare gli stessi ritornelli incentrati sull’ormai famoso slogan “No Dad”, sottolineando quanto sia importante la scuola in presenza, quanto siano importanti i rapporti interpersonali, la prossemica, la relazione, le emozioni e via dicendo, aspetti che solo la didattica in presenza riesce a garantire. Pur essendo d’accordo e condividendo queste posizioni, vale la pena evidenziare che i primi attori della scuola sono i discenti e i docenti. Entrambi ne costituiscono la cellula vitale, non a caso “scuola e famiglia” sono i baluardi della società. Ed è su questi nuclei fondanti che bisogna intervenire: “Scuola e famiglia”, appunto, binomio sinergico, chiave essenziale per un primo, immediato ed efficace intervento. Attuali, in tal senso, e parole di Sandro Pertini pronunciate durante un intervista rilasciata ad Oriana Fallaci: ” Cultura significa creare anzitutto una coscienza civile, fare in modo che chi studia sia consapevole della dignità. L’uomo di cultura deve reagire a tutto ciò che è offesa alla sua dignità, alla sua coscienza. Altrimenti la cultura non serve a nulla”. ( cfr. Sandro Pertini, “L’ Europeo” ,1973) .Per restituire dignità e sicurezza alla scuola basterebbe porre in essere interventi seri ed immediati quali: Stabilizzazione dei docenti precari, dimezzamento delle classi pollaio, ampliamento ed areazione adeguata dei locali scolastici, potenziamento dei trasporti. Siamo certi che questi Interventi avrebbero già garantito la possibilità di una scuola in presenza, in sicurezza ed una didattica costruttiva ed efficace. Eh sì, perché è evidente che l’assunzione di oltre duecentomila precari storici ed il conseguente dimezzamento della classi pollaio resta il primo, imprescindibile passo per una didattica di qualità. Invece la società narcotizzata da politiche globaliste e neoliberiste lascia che a pontificare su tematiche così importanti siano improvvisati tuttologi, pseudo esperti che pur non avendo nessuna esperienza diretta di insegnamento si arrogano il diritto di proporre azzardate, quanto incongruenti ed assurde ipotesi risolutive. Peccato che gli unici titolati ad intervenire, ovvero i docenti, siano ridotti al silenzio, costretti a subire queste situazioni continuando a svolgere con impegno, passione ed onestà il proprio lavoro, spesso sacrificando persino la vita. Ed è così che tra sterili diatribe, No Dad – Si Dad, miliardi buttati via per l’acquisto di banchi a rotelle ed altre elucubrazioni mentali del politicante di turno, si finisce per assistere al declino della scuola e della società. Urge una presa di coscienza di tutte le forze sane affinché la scuola ritorni ad essere tale, occorre una disintossicazione delle masse, narcotizzate, incapaci di rendersi conto di essere parte di una catena di montaggio, di un’azienda che lungi dal promuovere aspetti critici e valoriali tende a plasmare dei veri e propri robot, figli della società tecnologica. Ed è così che anche le nuove terminologie con cui siamo abituati a designare i nostri figli, ad esempio, “nativi digitali” anziché indignarci ci riempiono di orgoglio, forse perché, ormai, resi totalmente ed inequivocabilmente, asserviti al potere indulgiamo alla società dell’apparenza e dell’effimero. Dramma nel dramma l’evidente incapacità di una reazione chiara, coesa ed intransigente dei docenti tutti e non solo, volta a ripristinare lo Stato di diritto, o almeno, ad arginare sterili ed improduttive elucubrazioni mentali del politicante di turno. Anche qui risuonano, come profetico monito, le parole di Paolo Borsellino:” La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Occorre agire “hic et nunc”.
Lia Minicozzi