Mostra d’Arte a Sturno: “San Michele Arcangelo tra vecchi e nuovi demoni”
San Michele Arcangelo tra vecchi e nuovi demoni, è il titolo della mostra organizzata a Sturno da Francesco Caloia (già dirigente scolastico proveniente dalla formazione artistica) con il patrocinio del Comune Ufitano, della Regione Campania e della Curia Arcivescovile di Sant’Angelo dei Lombardi.
La mostra di arte contemporanea vede coinvolti 18 artisti campani. E’ allestita nella sala Jovanna, del complesso architettonico dell’Abbazia di San Michele Arcangelo dove sarà visitabile il sabato e la domenica fino all’8 novembre dalle 10,00 alle 12,00 o su appuntamento. L’inaugurazione si terrà, venerdì 25 settembre alle ore 19,00 nella chiesa di San Michele con un convegno che vedrà presenti Il Sindaco Comune di Sturno Vito Di Leo, l’Assessore alla cultura del comune di Sturno Mariafranca Siconolfi, S.E. Mons. Pasquale Cascio Arcivescovo di Sant’Angelo Dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia, Il Parroco di Sturno Don Alberico Grella, Il Consigliere provinciale alla cultura Franco Di Cecilia, Il rappresentante del Comitato Festa di San Michele Arcangelo, Maresciallo Marcello Benedetti, Francesco Caloia Artista e Curatore della mostra, Alessandra Aufiero Storica dell’Arte.
Dopo la lettura di poesia dedicate al Santo da parte dei poeti Nicola Prebenna, Tancredi Di Cecilia e Anselmo di Paola chiuderà i lavori Rosanna Repole, Consigliere provinciale con delega alla cultura (Catalogo edito da Delta 3 a cura di Francesco Caloia e della docente e storica dell’Arte prof.ssa Alessandra Aufiero).
“Prima dell’inizio della pandemia- afferma Francesco Caloia- ho preso contatti con il Sindaco di Sturno, Vito Di Leo e con il parroco Don Alberico Grella a cui ho esposto il progetto che intendo portare avanti, di fatto vorrei dedicare l’esperienza maturata nel settore artistico come Dirigente Scolastico di Istituti d’Arte e Licei Artistici nel Nord e nel Sud Italia e come creativo, all’organizzazione di mostre in Irpinia, volte a valorizzare il nostro patrimonio culturale e la nostra identità. Un progetto che spero coinvolga gli artisti del territorio (giovani e meno giovani) su tematiche che di volta in volta saranno proposte dal sottoscritto o concordate insieme in specifici incontri, temi che dovranno essere volti a far conoscere e valorizzare il nostro patrimonio storico artistico culturale, civile, religioso, socio antropologico. Sturno, paese irpino situato ai piedi del bosco dei limiti di Frigento, ha una comunità che manifesta una delle più profonde devozioni popolari verso il culto micaelico che intorno alla figura dell’Arcangelo guerriero ha trovato un forte fattore unificante ed identitario. Un tema forte oggi sempre più dibattuto dal punto di vista storico-filosofico e antropologico è quello del rapporto fra luoghi sacri e comunità umane. Comunque li si voglia intendere, i luoghi sacri attivano indubbiamente, nelle comunità che a essi fanno capo, processi identitari, dinamiche relazionali, effetti sociali e anche economici: pertanto andrebbero investiti della massima attenzione in prospettiva non solo religiosa, ma anche storico-politica e civile. Sturno negli anni 80 del secolo scorso ha vissuto anche una vivacità culturale legata a mostre di pittura, grazie all’amministrazione guidata a suo tempo dal sindaco Alberto Forgione, si accese un notevole interesse intorno all’arte ed in modo particolare intorno alla pittura. Fu indetto un concorso che giunse alla sua nona edizione, come afferma il prof. Anselmo Di Paola docente di materie letterarie e pittore, che ne fu direttore artistico per alcune edizioni, coinvolse oltre agli addetti ai lavori, buona parte della gente comune, perché la manifestazione arrivò ad ospitare anche intorno ad un centinaio di opere, di artisti provenienti da ogni parte d’Italia. La popolazione partecipava con grande trasporto, visitava più volte la rassegna, si interessava, chiedeva spiegazioni ai pittori sulle varie tecniche, sul significato delle opere e bisogna dire che molti svilupparono anche un certo occhio, acquisirono gusto e una non trascurabile sensibilità artistica”.
L’obiettivo della mostra è quello di ampliare l’offerta culturale del territorio dando un taglio didattico per avvicinare il pubblico alla pittura contemporanea e far lavorare artisti del territorio alla rielaborazione di un’icona del cristianesimo, invitandoli a trattare il tema secondo la propria visione e il proprio sentimento personale di rivedere con occhi contemporanei anche operando al confine fra figurazione e visione informale o “concreta “ per far prendere corpo al mistero del sacro, purchè sia un’arte ricca di colori di positività e di energia in grado di comunicare con forza la verità e suscitare soprattutto nelle giovani generazioni domande, far nascere dubbi, e significati, aprendo nuovi sguardi sulla realtà in un mondo di cose che non si escludono ma che si devono integrare.
“Ho vissuto da cittadino europeo, grazie alla mia professione di preside ed ai progetti Comenius ed Erasmus ho girato l’Europa ma in Irpinia, in questi luoghi mi sono nutrito letteralmente e metaforicamente di storia e sacralità, di genuinità, tradizione e folclore. Il mio obiettivo- dice Caloia-, con il coinvolgimento degli artisti locali è quello di valorizzare cose che ci sono da sempre, ma che non sono state mai veramente valorizzate, prendendo a modello oggi San Michele, domani l’iconografia mariana del territorio o la principessa di Bisaccia con i suoi resti che generano emozione perchè evocano ancora amore per l’ambiente. Il Principe madrigalista Carlo Gesualdo e la sua storia di musica amore e morte, don Diego Cavaniglia ed il suo mausoleo in San Francesco a Folloni a Montella con le virtù… Ormai completamente fuori moda ma su cui dovremmo ritornare a riflettere . Compito dell’artista contemporanei è quello di destrutturare e reinterpretare quello che vede con occhi contemporanei in queste figure e ricostruirlo anche attraverso la frammentazione astrattiva che porti ad una nuova genesis che sappia fondere tradizione e modernità seguendo la sua sensibilità impregnata dalle proprie suggestioni legate ai luoghi in cui vive”.
I 18 artisti che hanno risposto all’appello ben rappresentano i linguaggi espressivi contemporanei: Alessandro Papari un artista padrone delle tecniche e di una sua personale visione, intento in una costante ricerca ed evoluzione, i suoi oli sono caratterizzati da un potente shock cromatico, il colore si scompone, si ricompone e si spande sulle sue tele offrendo una visione inusuale della realtà. I personaggi che popolano le sue opere sono non convenzionali, nudi come i demoni rappresentati nel San Michele in mostra, indifesi, perduti e talora incapaci di affrontare le situazioni che si trovano a fronteggiare maestro di un’estetica basata sulla tragedia della solitudine. Flavio Grasso scultore, pittore, ceramista, sapiente conoscitore delle tecniche artigianali, particolarmente impegnato nella ricerca e produzione di arte sacra per chiese e cattedrali. Il poliedrico e creativo Luca Pugliese, innamorato dell’Irpinia, architetto, musicista, visionario ed estroso romantico, dalle originali creazioni che si presentano vigorose ed esuberanti con un tortuoso e accattivante gioco di rimandi, come per il suo San Michelino. Il Tema di San Michele Arcangelo lo appassiona do sempre, una sua opera è custodita presso il museo del Santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano. I maestri Felice Sorti e Luigi Prudente educati a concepire la ricerca come insieme di modernità e tradizione, presentano opere con forme e colori armoniosi, freschi, vivaci e sensuali, entrambi con una grande capacità di accostare una pluralità di cromie, testimonianza di forza e di energia destinata ad attraversare i tempi. Instancabili lavoratori dalla prolifica produzione pittorica, capaci di affrontare con sicurezza e maestria svariati temi. Anselmo Di Paola l’intellettuale sturnese prestato alla pittura, con un’opera simbolo di un intenso travaglio spirituale, ogni pennellata per lui è un cammino dell’animo, dolore e gioia, contrasto tra la forza del divino e la debolezza umana. L’eclettico Alessandro Norelli, artista capace di realizzare forse attraverso l’astrattismo, forse, la più spirituale delle opere in mostra, riducendo all’essenziale l’iconografia micaelica riportando il tutto a luce e colore, scavando fino a metterne a nudo spirito ed anima, le sue tensioni, dipingendo con segni ed effetti materici che cercano e svelano gli aspetti più intimi delle icone del territorio, come le sue opere dedicate alla dea Mephite della Valle d’Ansanto e del luogo sacro dove essa dimorava, fino a cogliervi il riflesso della propria immagine e della propria vita, del proprio tormento esistenziale interiore. Generoso Spagnuolo con la sua capacità di astrazione pronto a ramificarsi e ramificare in varie direzioni, con una ricerca sempre in espansione, un work in progress continuo, un cantiere dinamico e attuale pronto ad ospitare nuove contaminazioni, nuove intuizioni, nuovi materiali e nuovi supporti tutti da esplorare. E poi, ancora, i Visionari Emidio Natalino De Rogatis e Michele Prudente che con l’opera realizzata per la mostra su San Michele dimostra di aver conquistato un suo interessante e personale linguaggio orientato ad una ricercatezza delle forme e dei tratti con una particolare attenzione ai giochi di luce. Luciano Luciani e Vincenzo Caputo due artisti legati all’astrazione simbolica e spirituale, il Caputo coinvolto personalmente nella ricerca del trascendente e nel dialogo Interreligioso, nel realizzare l’opera per la mostra su San Michele Arcangelo si è chiesto come un buddista o un indù potrebbe leggere la figura del più luminoso braccio dello Spirito Santo pronto in ogni attimo a illuminare il cammino dei devoti… L’opera realizzata è frutto di suggestioni soggettive ed è una libera traduzione in forme più o meno riconducibili a simboli noti. Giuseppe Lucio Labriola un artista napoletano capace di grande intensità, che con le sue opere lancia un grido violento contro l’orrore della società in cui viviamo. Un preavviso di un futuro incerto da cui guardarsi anche perché le conseguenze come abbiamo visto con la pandemia da coronavirus, sono lontane da ogni immaginazione, incubi possibili di un universo in disfacimento. I plasmatori di forme e designer rispettivamente del legno e della ceramica Ernesto Troisi e Mario Del Goleto. E per ultimo, ma non certo perché ultime, le due le presenze femminili, Anna Coluccino e Dina Pascucci con opere pittoriche che esprimono nella prima la innata sensibilità femminile attraverso un piacevole decorativismo delle forme ed una particolare sensibilità negli accostamenti cromatici e nella seconda, spesso impegnata su tematiche sociali, l’amore di San Michele, che essendo il condottiero della milizia celeste non può che essere anche simbolo dell’amore divino. Storicamente l’Arcangelo viene rappresentato come un guerriero che difende dal maligno, con forza e potenza lo assoggetta e lo schiaccia, ma l’amore Divino ama e perdona e nella sua rappresentazione il Santo è superiore al male che accoglie nelle sue braccia, abbandonando la lancia. Il bene e il male sono due facce della stessa medaglia, ciascun uomo dovrebbe entrare in contatto con la sua parte oscura, comprenderla, accoglierla ed elevarsi spiritualmente. Il perdono è l’arma più potente attraverso il quale ogni uomo si libera di ogni sofferenza provocata dall’ego.
In copertina “La Caduta” di Alessandro Papari. La prof.ssa Prof.ssa Mariafranca Siconolfi Assessore alla cultura del Comune di Sturno, nella sua premessa al catalogo afferma: l’Amministrazione comunale di Sturno non poteva non accogliere con favore l’iniziativa di proporre una mostra di pittura dal titolo “Percorsi d’Arte” San Michele: l’Arcangelo guerriero tra vecchi e nuovi demoni”, da allestire nel nostro paese, con opere dedicate all’Arcangelo. Un evento, che in un momento così complicato per l’organizzazione di manifestazioni sociali e comunitarie, a causa della pandemia da Covid 19, interviene indubbiamente a vivacizzare, proprio nel mese dedicato a San Michele, la vita culturale della comunità. Una mostra di pittura che mette al centro della propria ispirazione la figura di San Michele si arricchisce di significati e suggestioni che vanno oltre l’aspetto squisitamente artistico, per assumere una dimensione di intensa e peculiare spiritualità.
E’ ben nota, infatti, la grande devozione che lega gli Sturnesi al loro Arcangelo protettore, e come questa, perpetuatasi nel tempo, abbia caratterizzato sin dalle origini il singolare rapporto tra Sturno e San Michele, contribuendo a disegnare urbanisticamente il primo nucleo abitativo del paese, che si realizzò intorno alla chiesa del Santo, della cui esistenza le prime notizie risalgono all’anno 1654. Le opere proposte in questa Rassegna rappresentano anche lo spirito creativo dei vari artisti che si sono cimentati su un tema non facile e, tuttavia, così suggestivo, sulla scia di artisti celeberrimi della storia dell’arte (Raffaello, Guido Reni, Luca Giordano ed altri), che dall’Arcangelo guerriero hanno tratto ispirazione per realizzare i loro capolavori. Significativa e caratterizzante è la presenza di autori che già in altre manifestazioni hanno espresso il loro talento e la loro sensibilità artistica. Anche in questa occasione, sono riusciti a trasmettere, con opere interpretate in chiave contemporanea, il fascino trascendente di quella straordinaria figura angelica, che con il suo monito imperioso e intransigente: “Chi è come Dio” continua ad affascinare. S. E. L’arcivescovo Pasquale Cascio nella sua prefazione al catalogo afferma : Ogni artista continua ad innestare mirabilmente l’umano nel divino e il divino nell’umano. In questa visione l’arte precede, accompagna e scaturisce dall’opera di evangelizzazione della Chiesa. Il presente scritto del preside Prof. Francesco Caloia, arricchito di immagini, che lo rendono una pinacoteca da tavolo e da viaggio, vuole raccontare una via dell’arte attraverso le diverse rappresentazioni pittoriche e scultoree dell’arcangelo Michele, presenti sul nostro territorio. Esse uniscono passato e presente, territori e contrade, bellezza e Vangelo. Nel rapporto passato e presente si snoda la storia delle nostre popolazioni irpine, campane, beneventane e salernitane. Dalle grotte nascoste, dai dipinti rupestri, dalle statue imponenti si presenta una teoria ininterrotta di conquiste e sofferenze, guerre e pace, fioritura e penuria in tutto il secondo millennio cristiano della nostra storia. Il binomio territori e contrade trova la massima espressione nella via micaelica, capace di unire l’Europa e intessere con i suoi punti fiduciali la mappa italica della cristianità. Il nostro testo intreccia sapientemente immagini e poesia, pitture e narrazioni storiche (fino alla domanda cruciale: ma la storia è maestra di vita?), particolari antichi e contemporanei con struggenti note della via pulchritudinis. A questo punto si innesta il rapporto bellezza e Vangelo: Michele e la vittoria di Dio, Sommo Bene. In fondo il Vangelo è la bella, buona e vera notizia della vittoria di Gesù Risorto, di cui Michele ne è il segno perenne nei cieli, sulla terra e negli inferi. Il cosmo emerge dal caos primordiale, la bellezza di Michele dall’intorbidimento del male, la vittoria di Cristo dalla sconfitta definitiva del maligno e della morte. Sono proprio le pitture contemporanee presenti nell’opera, che ci aiutano a capire l’emergere della bellezza. È l’esperienza della vita in cui la bellezza domina presentando come punto asimmetrico il male e includendolo come sconfitto (le statue classiche di San Michele) oppure essa si delinea nel turbine e nella confusione, da cui la mano dell’artista la tira fuori, invitando l’ammiratore a continuare l’operazione; così come la mano di Dio la tira fuori dal mistero della nostra esistenza, chiamando l’uomo a continuarne l’opera.
Siamo grati agli autori, perché sulle ali dell’Arcangelo ci fanno compiere questo percorso pedagogico di liberazione e di speranza. Nell’itinerario si inseriscono i nomi e le storie dei nostri artisti con cui termina il prezioso volume: eventi, territori ed uomini si ritrovano nella figura e nel valore teologico dell’arcangelo Michele. Alessandro Norelli “Entità luminose si scontrano nell’Universo” Tecniche miste su tavola cm 96 x 156 .
La Tracciatura del Solco. A Sturno e di riflesso in alcuni paesi limitrofi sopravvive una secolare tradizione, quella della “Tracciatura del solco di San Michele”. Si tratta dell’aratura che ogni anno viene eseguita dai contadini alla fine dell’annata agraria per ringraziare la divinità del raccolto fino a quel momento ottenuto e per propiziarsene i favori per la prossima annata. Viene tracciata una linea scavata nel terreno da un punto dei comuni limitrofi fino al paese di Sturno, all’altezza della Chiesa dedicata al santo protettore .La manifestazione molto sentita tra gli sturnesi, si è aggiudicata il riconoscimento regionale con l’assegnazione dei finanziamenti relativi al POC 2014- 2020. L’iniziativa è stata realizzata dall’amministrazione capofila di Sturno con il coordinamento dall’Associazione “Il Solco”, che vede impegnati anche i Comuni limitrofi di Frigento, Castel Baronia e Melito Iprino. Il rito della tracciatura del solco, è un atto propiziatore profondamente devozionale, il giorno antecedente al 29 settembre, alla vigilia delle festività in onore dell’Arcangelo Michele, è tutto un pullulare di squadre di contadini intenti nel tracciare solchi, dritti e lunghi, superando alberi, valloni, torrenti, case, strade. Visti da lontano questa sorta di canali stretti realizzati dagli agricoltori si caratterizzano per la precisione lineare e ben fatta. Un disegno preciso su zolle di terra fertile. E’ una vicenda etnoantropologica sospesa tra cultura, magia, credenza e amore per il divino, una manifestazione che si afferma per la sua originalità, rimandando ad un mondo oggi lontano e testimoniando al pari di un’opera d’Arte quelle stratificazioni culturali che i secoli passati hanno accumulato in questo angolo d’Irpinia delle terre di mezzo. La tracciatura, riassume in sé momenti antichi ed altri più recenti, in epoca classica era tracciato in direzione del Tempio pagano e in epoca cristiana verso la Chiesa o altro luogo di culto, a Sturno mostra per intero una sua importante particolarità: non è possibile scindere il rito del solco dalla devozione provata dagli sturnesi verso il loro Protettore San Michele Arcangelo. Non si può parlare di questo rito trascurando la Francesco Caloia “Il Solco dell’Angelo” profonda fede che lo anima; non si possono distinguere due ragionamenti, ma si può leggere soltanto nel radicato senso religioso. Un rituale quello del solco che va letto in un ambito multidisciplinare (storico, antropologico, etnologico, mitico-religioso, astronomico), poiché si tratta di un fenomeno solo in apparenza riferito ad una competizione tendente a rafforzare divisioni di classe e di censo. La tracciatura, è una pratica ben più profonda di quanto lasci trasparire la sua “semplice” esecuzione, poiché la sua complessa e multiforme lettura non si ferma di certo al folklore. La civiltà omologatrice e globalizzante procede speditamente alla cancellazione delle identità di appartenenza, dei luoghi autentici, che avvolgono e tutelano le identità con il proprio genius loci, la sacralità e la luminosità che li rendono unici, le tracce di un retaggio culturale fortemente agro-pastorale, finendo per scollegare significati e significanti, gesti, suoni, parole, che l’imprinting di una società aveva connotato di sé su generazioni e generazioni. Tale distacco tra oggetto e simbolo, tra azione e significanza finisce per accentuarsi nel corso dei decenni o dei secoli nella misura in cui gli eventi si ritualizzano, fino a non ricondurre all’esatta volontà primigenia la prosecuzione degli eventi stessi. Gesti, forme, oggetti oggi ci appaiono casuali e lontani, mentre un tempo rispondevano a simbolismi di cui siamo divenuti incapaci traduttori. Robert Delort, uno dei massimi storici francesi contemporanei, nota «la straordinaria difficoltà che troviamo quando tentiamo di rendere comprensibile all’uomo nato nel secolo XX la mentalità di un periodo precartesiano, fondamentalmente cristiano, ma disseminato di reminiscenze barbariche o classiche; un periodo che non dubitava di nulla, che coi medesimi occhi vedeva diversamente da noi e che si nutriva di certezze molte delle quali a noi non sembrano più vere». Ma nonostante siano state cancellate numerose tracce, la storia e il trascorrere del tempo non riusciranno mai «ad abolire definitivamente la necessità di un’esperienza religiosa» (M. Eliade). Pur nel divenire che spesso avvicenda ogni ierofania, quale che sia il livello storico in cui si trova una società, secondo Eliade sarà sempre possibile intendere la «perdita e la riscoperta di quei valori, perdita e nuova scoperta che non sono mai, che anzi non potrebbero mai essere, definitive». In noi rivive tutta la sensibilità del primitivo, del pastore sannita, dei Longobardi, , del barbaro romanizzato, dell’agrimensore latino, dell’uomo medioevale, di quel “lungo Medioevo” tanto caro alla storiografia francese che ben prima del 476 d.C. e ben oltre le scoperte americane ha accompagnato la grandezza di una civiltà che oggi chiamiamo contadina. La ricerca su questo rito ha evidenziato come anche altri paesi hanno la tradizione del solco: come Castel Morrone in provincia di Caserta, Castelfranco in Miscano ed in genere vari paesi del Fortore nel beneventano, Valentano in provincia di Viterbo, Rocca di Mezzo nell’aquilano, Guardiagrele in provincia di Chieti. Sono oltre venti i comuni presi in esame. I solchi sono dedicati alla Madonna, solo a Sturno sono dedicati a San Michele. Ma le comparazioni non sono circoscritte all’Italia, Vozza rileva come il solco venga tracciato anche in altre regioni europee ed asiatiche. Del solco scrivono Jacopo Sannazzaro nell’ “Arcadia” e Gabriele d’Annunzio ne “La figlia di Iorio”. Ovviamente sono tanti i richiami alla letteratura latina, in considerazione dei legami che il Vozza trova con il mondo etrusco e romano.