Fiume Ufita: gli appelli cadono nel vuoto

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Fiume Ufita

Grottaminarda. E’ cominciata sedici anni fa. Per diventare la storia infinita che tutti conosciamo. Ma il fiume Ufita resiste: alle intemperie, all’inquinamento, al disastro ecologico ed ambientale a cui, periodicamente, è sottoposto.

Il fiume, che attraversa ben sei Comuni, da Grottaminarda a Melito, a Sturno, Gesualdo, Frigento ed Ariano, già allora diventò presidio di legalità grazie all’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Ariano che, con Amato Barile ed il suo sostituto Daniela Tognon, lo misero sotto una grande lente di ingrandimento.

Una gara di pesca sportiva, perché era ancora possibile farle da quelle parti, nel mese di marzo, fece scoprire la notte prima una immensa moria di pesci.

Un anno prima della sua prematura morte, la dottoressa Tognon aveva convocato nella sua stanza pescatori, proprietari di depuratori dell’Asi, giornalisti, ed aveva messo insieme un bel faldone in cui si cominciava a capire qualcosa.

Tutto parte dalla denuncia dell’associazione pescatori della cittadina ufitana, che ancora resiste, seppure in numero di associati più che dimezzato.

Tognon, che stava comunque conducendo le indagini sulla discarica di Difesa Grande, con grande passione aprì uno spiraglio sul fiume Ufita.

Venne fuori l’inquinamento ambientale, le responsabilità stavano per essere accertate.

Dopo sedici anni, però, siamo punto e a capo.

Chi non ha cambiato opinione sullo stato in cui versa quel posto, dove fino a cinquanta anni fa i ragazzini andavano a passare le proprie estati, è l’associazione dei pescatori di Grottaminarda.

Da quattrocento iscritti sono diminuiti a settanta.

Ma non vuol dire. “Fiume Ufita: gli appelli cadono nel vuoto. Così ci accoglie Tommaso Barrasso.”Pesca sportiva? Andate a vedere la zona da Frigento a Grottaminarda, oppure all’area industriale di Flumeri. Sta un poco meglio Melito”. Tutto “inquinamento industriale”.

Denunciato, tra l’altro, anche dal Comitato per la tutela del territorio che, attraverso il suo esponente Anselmo La Manna, ha fatto alcuni sopralluoghi sul posto e consegnato il materiale a disposizione delle autorità. Che non si sono ancora pronunciate.

“Noi-dice Tommaso Barrasso – non sappiamo davvero più a chi rivolgerci.
I nostri appelli cadono nel vuoto. Mentre il degrado resta e, da allora, non si individuano le responsabilità”.

E, il fiume Ufita, di questi tempi, ospita un abitante indesiderato.

“Perché – continua – è minato da un pesce che arriva dall’Africa. È il pesce siluro, vorace e non idoneo per i piccoli corsi d’acqua. “Sta distruggendo tutto. Prima assisteva ad un piano di ripopolamento delle acque fondato su criteri e rispetto locale. Oggi non più”.

È proprio rammaricato. E dice: “Quello che sta accadendo è un danno non solo per la nostra associazione ma per tutto il territorio e le comunità circostanti. Il fiume Ufita è un bene comune”. Che è attraversato da ben sei Comuni. Uno di questi è Grottaminarda.

I sindaci non hanno competenze di intervento, assegnate al Genio Civile, alla Provincia e alla Regione, ma il primo cittadino grottese, Angelo Cobino, dice:” Abbiamo grandi responsabilità in termini di ambiente, sanità. Su questo ci si deve spendere. E intervenire. Noi sindaci ci siamo sempre mossi in sintonia per cercare di salguardare il fiume. Nel passato siamo stati tutti un poco superficiali ma oggi, invece, occorre la massima attenzione”.Poi ricorda gli interventi effettuati dal Consorzio di bonifica dell’Ufita per” captare ancora più sorgenti”.

Ma lo sforzo suo, e dei suoi colleghi, deve essere quello “di monitorare continuamente ed attivarci. Se ci sono scarichi abusivi provenienti da aree industriali o da Comuni bisogna intervenire seriamente”.

Il compito dei sindaci, anche se non lo hanno fatto tanto in tutti questi anni, “è quello di sollecitare e denunciare. Mentre le forze dell’ordine vigilano insieme all’inchiesta della magistratura di Benevento “.

Giancarlo Vitale

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