Emergenza Coronavirus: un decreto contro la Costituzione Italiana
di Giuseppe Di Leo
Un decreto legge incostituzionale, che praticamente viola cinque/sei articoli della costituzione, rendendo illegittimi de facto, tutti gli atti consequenziali emessi, da organi amministrativi, come le regioni e i comuni. L’unico caso, che la costituzione repubblicana contempla, in deroga, è la dichiarazione dello stato di guerra, in questo caso, vengono conferiti al governo poteri eccezionali.
Una autodichiarazione inesistente, che non è prevista nel decreto legge delle 9 marzo 2020 e successivi, almeno nella versione attuale, peraltro modificata numerose volte. L’unica certificazione che il cittadino è tenuto ad esibire, per comprovati motivi ed esigenze di pubblica sicurezza: come nel caso pandemico in atto, oltre ai documenti afferenti la propria identità, è una certificazione medica che dimostri lo stato di salute del singolo, già disciplinata da norme in vigore. Nell’incertezza generale, nel debole quadro normativo, uscito dalla decretazione d’urgenza, emergono dal caleidoscopio delle autocertificazioni, giustificazioni esilaranti, che i nostri concittadini, molto fantasiosi, scrivono per discolparsi da comportamenti non in linea con i dettami dei decreti. Il cane, le sigarette, la spesa, anche quando a Pasqua e Pasquetta è praticamente tutto chiuso. Il solitario evasore, che preferisce la multa al domicilio coatto con la moglie e la figlia. Il paracadutista.
La stranita fuggitiva che porta la sua tartaruga fuori, per avvicinare il carapace al suo habitat. Chissà se un giorno vedremo pubblicate, in una raccolta tutte queste amene e cabarettistiche giustificazioni, che renderanno più lieve il ricordo del periodo cupo, trascorso, reclusi in quattro mura. Quello che ha reso l’italiano, un po’ più disciplinato nel seguire le indicazioni dei virologi e dei vari esperti, è stato il battage informativo dei nostri media, che hanno inondato le nostre case di notizie sull’evoluzione della pandemia, con scenari catastrofici, giustificati dalla rapida diffusione dell’agente patogeno.
Tutto questo ci ha resi più accorti, perché in questi casi, scatta un istinto primordiale, di autoconservazione, che spinge ad essere più attenti alle nostre esigenze vitali, ergo a quelle degli altri. Per evitare che la pandemia virale, del sars-cov 2 diventi; oltre che emergenza sanitaria, anche emergenza sociale, è necessario che nella fase due, del post quarantena, le fabbriche si rimettano in moto, con gradualità, ma tenendo in considerazione che il tessuto industriale e delle piccole e medie imprese, non può essere soffocato da pesanti prescrizioni che già si intravedono all’orizzonte; come denunciato con forza, dal presidente di confindustria di Avellino dottor Giuseppe Bruno, che ingabierebbero le attività produttive e commerciali, sottoponendole a controlli stringenti, che impedirebbero un corretto sviluppo della normale produzione.
Il contrasto al coronavirus, ha visto sul campo di battaglia, non solo il personale sanitario, che con abnegazione e spirito di sacrificio, sta lottando contro un nemico, invisibile e letale, ma anche gli operatori delle forze dell’ordine, che lavorano senza sosta, con dedizione, alla sicurezza collettiva, per assicurare ogni tipo di supporto alle persone costrette in casa, con problematiche socio-sanitarie di una certa gravità, soprattutto, quando ristretti in casa, sono persone anziane e sole, le più fragili e vulnerabili, al contagio.
Il tricolore, l’inno di Mameli, in questi giorni di dura battaglia al virus, hanno rappresentato un ancoraggio identitario, un modo per esorcizzare le paure e gli incubi, che abitano il nostro inconscio, di popolo anarcoide, insofferente alle regole, che trova un sentimento unitario, una riscoperta del valore della Patria, solo con eventi sportivi, che di volta in volta ci fanno gioire e trepidare in un unico afflato. Nessuno di noi è legato a ricorrenze, come il 2 giugno, il 4 novembre, il 25 aprile, perché queste date del calendario, non vengono percepite come collante identitario. L’unico vero segno tangibile di unità, che caratterizza noi italiani, è la riscoperta della solidarietà e della vicinanza al prossimo, nei momenti di difficoltà, quando catastrofi naturali e scadenze ravvicinate, tirano fuori il meglio di noi; non è uno stereotipo, ma è il legame che unisce i fratelli, quando la natura ci ricorda, che noi, siamo ospiti di questo pianeta, non sempre graditi. Perché l’uomo, è il vero nemico di se stesso.