Messaggio per la Santa Pasqua 2020 dell’Arcivescovo Pasquale Cascio

“Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo seduto alla destra di Dio” (Col 3, 1).

L’annuncio della resurrezione di Gesù esige la risposta di fede a tutto l’evento pasquale di morte e di risurrezione. Questa risposta ci permette di sentire l’azione di Dio nella vita del suo Figlio e lo stesso atto di amore che avvolge le nostre persone. L’apostolo Paolo usa il condizionale non perché dubiti della potenza di Dio, ma per farci aprire alla fede per sentire l’energia della Pasqua: essa ci libera, ci rimette in piedi, ci solleva e ci porta verso l’alto, indissolubilmente e dolcemente uniti a Gesù. La fede nel Risorto è innanzitutto unione e comunione con la sua persona e con il suo destino. È una dolce unione, perché in Lui sentiamo l’amore di Dio Padre, allo stesso tempo è un vincolo indissolubile, in cui sperimentiamo, in ogni circostanza, la potenza di Dio. Papa Francesco, nella sua ultima esortazione Querida Amazonia, riferendosi al diritto-dovere di annunciare il kerygma pasquale, così si esprime: “È l’annuncio di un Dio che ama infinitamente ogni essere umano, che ha manifestato pienamente questo amore in Cristo crocifisso per noi e risorto nella nostra vita (Q.A. 64). La Pasqua rivela la certezza di questo amore di Dio per ogni essere umano.

Mentre scrivo questo messaggio kerygmatico-pasquale, siamo tutti presi dalla preoccupazione, dai disagi e dalle restrizioni, provocati dal coronavirus. Questa paura ci assale e ci allontana da tante situazioni in cui è immersa ogni creatura umana. La certezza pasquale può aiutare a mettere ordine non solo in riferimento alle priorità e alle urgenze, ma anche nella cordata di solidarietà vitale e fraterna; c’è un punto fermo: Dio ci libera, ci rimette in piedi e ci solleva. Come ha fatto per il Figlio suo, così fa per tutti i suoi figli. Questa sicurezza è la vera forza per vivere in maniera integrale la condizione umana: spirito, anima e corpo. Il momento della sofferenza e della paura rientra nel mistero di morte e risurrezione, credendo fermamente che in questo punto estremo di debolezza “la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 3). Le chiusure di questi giorni possono essere vissute anche come nascondimento con Cristo e con gli affetti più cari. Tutte le nostre precarietà e debolezze, grazie alla fede, sono unite a quelle di Cristo, perciò insieme con Lui siamo nascosti in Dio. Perché parliamo di nascondimento e non di abitazione? Il nascondimento ci dà il senso del rifugio, della sicurezza nella compagnia di Cristo. Però c’è ancora del buio in attesa della piena manifestazione della sua vita in noi. Questo buio non è costituito dalle tenebre del male e della morte perché egli le ha vinte: “Gesù è la luce che splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1, 5). Si tratta del buio della caducità, delle infermità, delle debolezze, dell’impotenza e della morte, proprie della condizione umana, ormai liberata dal veleno mortale. Tale buio va rischiarato dalla fiammella della fede, ricevuta nel battesimo e, in ogni Pasqua, simbolicamente accesa al cero pasquale e misticamente e realmente sostenuta da Gesù risorto, vivente nella sua Chiesa e Signore dell’universo. È questa fede-fiammella, che illumina i nostri volti e riconosciamo il volto di Gesù nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle di fede e negli uomini misteriosamente raggiunti dall’energia pasquale. “Quando Cristo, nostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria” (Col 3, 4). Di quale manifestazione si parla? Quella della fine dei tempi, ma non solo, perché Cristo è già la nostra vita. Egli deve essere manifestato dall’azione potente del Padre e dal libero e totale atto di fede di ognuno di noi in tutte le situazioni della nostra vita. Se con Lui siamo nascosti in Dio Padre, sarà proprio il Padre a concederci nel tempo i momenti di vittoria e di gloria insieme con il Figlio, che ha già ricevuto la gloria dell’eternità. La Chiesa, corpo di Cristo, noi suo corpo, è il segno efficace della manifestazione di questa gloria. Non lo è per se stessa, ma per dare testimonianza, per offrire vie di salvezza e per illuminare anche le altre strade, che gli uomini percorrono. Questa è la manifestazione della vita con Cristo in Dio, quest’ultima promuove e scopre ogni manifestazione, dovunque Dio le pone dei segnali. Bisogna leggere gli eventi con gli occhi della speranza, che nasce dalla vittoria pasquale.

Maria, madre della speranza, ci aiuta in questo sguardo fiducioso. Facciamo nostro e diciamo ad ogni uomo il suo invito: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2, 5). A Lei, in cui Dio ha manifestato in pienezza la gloria con Gesù, ci affidiamo con le parole del papa: “Madre della vita, nel tuo seno materno si è formato Gesù, che è il Signore di tutto quanto esiste, Risorto, Lui ti ha trasformato con la sua luce e ti ha fatto Regina di tutto il creato” (Q.A. 111).

Lasciamoci illuminare dalle parole di sant’Atanasio nelle Lettere pasquali: “Mediante l’azione sacramentale della festa, infatti, Dio ci fonde in un’unica assemblea, ci unisce tutti spiritualmente e fa ritrovare vicini anche i lontani… È un miracolo della bontà di Dio quello di far sentire solidali nella celebrazione e fondere nell’unità della fede lontani e vicini, presenti e assenti”.

Il mistero pasquale riunisce nell’unità della fede coloro che sono lontani con il corpo.

Santa Pasqua!