La Violenza di genere e le pari opportunità
“Qualsiasi atto di violenza di genere che provoca o possa provocare danni fisici, sessuali o psicologici alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichi nella vita pubblica o privata”, tale è la definizione sulla violenza di genere esplicitata dall’Onu nel 1995.
Cosa si intende esattamente per violenza di genere?
Questa terminologia è largamente usata a livello istituzionale per indicare tutte le forme di violenza fisica e psicologica a cui una persona può essere esposta sulla base della sua appartenenza al genere femminile. Non consiste solo nella mancata sicurezza e incolumità della vittima in questione, è infatti una gravissima forma di discriminazione che a seconda dei casi viola i seguenti Diritti Fondamentali: il diritto alla dignità personale (art.1), il diritto alla vita e alla libertà (art.3), il diritto all’uguaglianza tra i generi (art.7). La violenza di genere è determinata da molte cause, fattori e condizioni ed è purtroppo un fenomeno diffuso in tutto il mondo, legato alla strutturale disparità sociale, economica e di potere tra uomini e donne.
Pensiamo ad esempio al gender pay gap – differenza di salario dovuto al genere – definito recentemente dall’Onu: il più grande furto della storia. Nel mondo infatti le donne guadagnano il 23% in meno rispetto agli uomini e secondo gli esperti volendo colmare questo divario non basterebbero 270 anni. Questo divario retributivo continua dunque a rappresentare una delle ingiustizie sociali più diffuse a livello globale. L’esercizio di potere e di controllo del genere maschile sul genere femminile dunque si estrinseca in diverse forme, quali: violenza fisica, psicologica e sessuale; secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, almeno una donna su cinque ha subito tali abusi da parte di un uomo nel corso della propria vita. La percentuale più alta delle violenze purtroppo avviene in famiglia, seguita dai vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro.
La situazione attuale delle donne vittime di violenza domestica è drammatica perché costrette in casa dalle normative prese per l’emergenza Coronavirus. Maria Gabriella Moscatelli, Presidente di Telefono Rosa, spiega che le telefonate di aiuto avvengono disperatamente solo quando il violento si allontana per la spesa o per lavorare. Ora con i mariti violenti costretti a stare a casa h24 le telefonate d’aiuto sono drasticamente calate. « Siamo davanti a una epidemia parallela » in questo modo Antonella Veltri – presidente di D.i.R.e. Donne in rete contro la violenza – definisce l’attuale situazione delle donne vittime di violenza perché purtroppo l’80% di queste avviene tra le mura domestiche. Nonostante le lotte avvenute nel corso degli anni, permangono le profonde disuguaglianze e i diversi ruoli che la società affida all’uomo e alla donna in virtù del loro sesso alla nascita. Questo meccanismo sociale decisivo, che costringe le donne a una posizione subordinata agli uomini, continua a determinare una cultura ancora fortemente sessista e discriminatoria. Occorre rivalutare anche i programmi scolastici permeati ancora da una cultura analfallocentrica come direbbe Antoinette Fouque, ossia una cultura che vede ergersi ancora tra i suoi rappresentanti perlopiù autori maschili a discapito di menti brillanti come la poetessa partenopea M. Giuseppa Guacci Nobile che potrebbe essere inserita nell’ambito romantico e risorgimentale con le sue Canzoni patriottiche che nulla hanno da invidiare ai Canti leopardiani. Una cultura che vede ancora l’esclusione di penne autorevoli, insignite del Premio Nobel per la letteratura, pensiamo ad esempio a Grazia Deledda che potrebbe rientrare nella corrente Verista. Non bisogna sottovalutare l’importanza che tale cultura ha nella nostra società e le conseguenti relazioni tra i suoi membri permeati da quest’ultima. Comprendere questa stretta relazione rende il problema della violenza contro le donne un problema di tutti, in quanto la limitazione dell’individualità e dell’autorevolezza delle donne – sia nella vita familiare e nelle relazioni affettive, sia nella vita economica e politica – genera una naturale limitazione alla crescita e alla prosperità della società, della collettività in ogni suo aspetto. Non si tratta dunque di una violenza che mina il genere femminile in quanto tale, ma pregiudica l’uguaglianza e si pone come ostacolo allo sviluppo di una società democratica.
Paola Rullo