Dalla trincea dell’Alta Irpinia la “guerra di Piero” per combattere il Coronavirus
Anche quando si devono raccontare le storie, ai tempi del COVID-!9, mentre lo fai ti prende il magone e le dita che battono sulla tastiera del computer sembrano fermarsi a mezz’aria.
Quella di oggi è triste ma che, comunque, parla dell’impegno di chi, questa nuova malattia, la sta combattendo con turni massacranti e senza tornare a casa per giorni perché decide di stare in ospedale e salvare vite.
Come sta facendo, tra i tanti, Piero Petroccione, responsabile epidemiologo dell’ospedale di S. Angelo dei Lombardi, specialista ambulatoriale dell’azienda Sanitaria locale che ieri – scrive in un post sui social- “Ho subito una brutta battuta di arresto nella mia battaglia professionale in alta Irpinia contro questa epidemia “.
Quello è un territorio che” grazie alla collaborazione dei medici di famiglia, dei sindaci, delle associazioni, delle forze dell’ordine, dei volontari e sopratutto della meravigliosa popolazione che lo abita” che non ha avuto, per il momento, positivi al Covid19.
“Abbiamo isolato fiduciariamente tutti i rientrati dal Nord Italia con una politica di convincimento semplice ed efficace:salvaguardare i propri familiari e la comunità che li ospita”.
Ma, a volte, il destino, per definizione cinico e baro, si mette in mezzo e capovolge tutto quello che gli si para davanti”. Due di questi lavoratori in isolamento fiduciario asintomatico – continua il medico di Fontanarosa, che segue gli isolamenti fiduciari e le misure di sanità pubblica di 25 paesi dell’alta Irpinia insieme a sindaci, medici di famiglia e forze dell’ordine – hanno improvvisamente ed inaspettatamente perso il proprio papà”.
Un infarto miocardico lo avrebbe stroncato.
Il Covid 19 è una brutta bestia. Fa paura a tutti, perché non dovrebbe farlo anche a chi lo combatte?
I soccorsi sarebbero arrivati tardi per paura del virus da parte di chi era stato chiamato.” Inspiegabile-afferma Petroccione”. Che, senza “voler entrare nel merito delle eventuali responsabilità perché non sarebbe corretto” si sofferma sul fatto che i due figli “si sentono in colpa per essere tornati per l’emergenza sanitaria e non aver chiamato il 118″ed i medici hanno avuto paura di intervenire tempestivamente perché in casa c’erano loro in isolamento”.
Ma una cosa è certa.” Nessuno di loro voleva la disgrazia”. Questa storia fa capire che, forse, c’è qualcosa che è peggio, ed è più pericolosa, del Coronavirus : “Il panico e la paura – scrive nel post social, sembra abbastanza amareggiato, il dottor Petroccione.
Una storia che, secondo lui, ne nasconde altre: ad esempio quella della emigrazione forzata, dalla mancanza di lavoro nella nostra terra.
” Se ci fosse stato non sarebbero partiti e la tragedia di oggi (ieri per chi legge, ndr) non ci sarebbe stata. Quanto l’uomo può essere padrone del proprio destino? È questo che, con rabbia, mi rattrista e mi tormenta”.
E la responsabilità di “certe storie tristi” ce la dobbiamo dividere in tanti.
“Senza accusare nessuno-conclude il suo sfogo il medico dell’Asl–ma rifletto. Come dovremmo fare in tanti. Mentre la battaglia per sconfiggere il Coronavirus continua e i medici come Piero, come tutti quelli che lavorano giorno e notte negli ospedali della provincia sanno che la partita è appena iniziata. Ma che si può vincere. Se ognuno farà quello che deve. Intanto “la guerra di Piero” è lavorare quotidianamente sul territorio per frenare l’eventuale diffusione del Coronavirus. E seguire tutti coloro che sono tornati dal Nord e si sono isolati fiduciariamente in casa per 14 giorni.
“Fino ad oggi – conclude il dottor Petroccione – il lavoro è andato benissimo per la collaborazione di tutti.
Nessuna positività da Calitri a Montella, passando per Lioni e S. Angelo dei Lombardi”.
Giancarlo Vitale
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