Emergenza coronavirus: chi buttiamo giù dalla torre?
Chi buttiamo giù dalla torre? Il giovane o il meno giovane? Sembra essere questo l’interrogativo ricorrente ed inquietante che domina il drammatico scenario di questa emergenza sanitaria. Il gioco della torre, usato soprattutto nel mondo della politica, sembra tornare in auge ma con risvolti a dir poco drammatici. L’emergenza sanitaria, innescata dal propagarsi di questo nuovo virus “Covid-19”, ha messo in condizione i medici della cosiddetta Zona Rossa di dover decidere sulla vita di un essere umano. Una sorta di roulette russa, un secco Testa o Croce deciso con il lancio della monetina.
Non vi è molta differenza, in questa assurda situazione che ha dell’inverosimile: è mai possibile affidare nelle mani di un una persona il destino futuro di un altro essere umano?
Tra le tante difficoltà, tra le tante urgenze, tra i tanti rischi che questa emergenza sanitaria sta creando nel nostro paese e nel resto del mondo è davvero inverosimile pensare di giocare sulle vite delle persone.
Dunque, è questo il vero dramma dell’emergenza Coronavirus
E’ impensabile come un’emergenza di questa portata, per quanto grave e imprevedibile, possa aver spiazzato completamente una nazione, mettendo a nudo tutta la sua fragilità, tutta la sua incapacità di fronteggiare e di affrontare il problema con misure adeguate ed immediate.
Le decisioni calate dall’alto del governo trovano risposte contrastanti, da parte delle regioni che a ragion veduta, vogliono salvaguardare il proprio territorio, la propria gente, pur non sottraendosi dalla possibilità e dalla volontà di fornire gli apporti umanitari necessari per le popolazioni più colpite d’Italia.
Manca decisamente un’azione decisa ed omogenea manca soprattutto, una comunicazione chiara e diretta in grado di trasmettere ai cittadini quali sono le misure da adottare, cosa è necessario evitare e cosa bisogna fare in questi casi.
Invece, dagli uffici stampa del ministero sono arrivati comunicati confusi poco chiari, che hanno alimentato questo allarmismo popolare, contribuendo a far crescere una forma di psicosi sempre più dilagante in ogni parte dello stivale.
Anziché pensare di adottare una linea univoca di comunicazione, di suggerimenti, di provvedimenti, si assiste, anche nei vari talk-show televisivi, a diatribe tra addetti ai lavori: politici, scienziati, virologi e giornalisti. E’ qualcosa di aberrante che ci riporta col pensiero alle grandi carestie citate della Bibbia, alla grande peste di manzoniana memoria, all’epidemia del Colera ai tempi di San Giuseppe Moscati, tutte vissute in scenari diversi in cui la medicina non aveva fatto tutti questi progressi; in un momento storico dove non vi era la possibilità di comunicare con il resto del mondo in un attimo grazie al progresso della tecnologia; in uno spaccato di vita dove non c’era la possibilità di intervenire con tutti i mezzi che oggi sono a disposizione di una nazione occidentale moderna che dovrebbe stare al passo con i tempi, che dovrebbe essere in grado di fronteggiare bene le emergenze e che invece, al primo vero problema cade in ginocchio senza avere la capacità di orientarsi senza avere la lucidità di organizzarsi, senza saper attivare i dispositivi necessari a tamponare il problema.
In questi giorni, in queste ore tutti gli organi preposti a contenere l’emergenza coronavirus stanno lavorando alacremente ma l’interrogativo nasce spontaneo…In che modo stanno lavorando? Sembra di assistere ad un’azione che nasce al momento, senza un protocollo di emergenza. Insomma …si naviga a vista!
E’ vero che siamo di fronte ad una situazione nuova e inaspettata ma è pur vero che si tratta di un’emergenza e come tale deve essere affrontata. Non è la prima epidemia e non sarà nemmeno l’ultima. Bisogna affrontare questo momento difficilissimo per la nostra nazione con estrema lucidità, con la giusta determinazione e con la consapevolezza che se esiste un’ Europa tra gli stati membri, per la politica, per l’economia, e per le emergenze deve esistere soprattutto per quel senso di solidarietà, di umanità e di cooperazione tra i popoli che invece oggi sembra essere smarrito!