Sold out al Teatro Comunale di Lacedonia che ha accolto con grande entusiasmo Carlo Buccirosso con ”Colpo di scena”, scritto diretto e interpretato dall’attore partenopeo.
Un cast composto da attori del calibro di Gino Monteleone, Gennaro Silvestro, Peppe Miale, Monica Assante di Tatisso, Elvira Zingone, Claudiafederica Petrella, Giordano Bassetti, Fiorella Zullo, Matteo Tugnoli.
E una scenografia piena di colpi di scena grazie a Silvia Cerullo e Renato Lori.
Pochi minuti prima dello spettacolo noi di Tg News Tv siamo entrati nel suo camerino per intervistrarlo.
Ad accoglierci un Buccirosso un po’ pallido ma sempre disponibile.
Sulla scrivania una sua foto sorridente, lozioni e, in una scatolina, o’ curniciello perché ” Nun s’ po’ maij sape’ ”.
Buonasera, nello spettacolo interpreta il vice questore Armando Piscitelli che ”con la fede di un missionario” porta avanti un commissariato un po’ particolare. Da cosa nasce l’esigenza di scrivere di scrivere uno spettacolo di questo tipo?
“Lo spettacolo nasce dalla voglia di parlare dell’illegalità, della violenza sulla donne, un po’ anche dalla voglia di interpretare un vice questore, che è un personaggio che ho già interpretato in un film di Manetti ma essendo un ruolo piccolissimo mi è rimasta la voglia di continuare su questa linea; di voler essere un po’ il paladino di una giustizia che non c’è o di qualcosa che non sempre riesce a salvaguardare il cittadino.
In questo spettacolo è un articolo in particolare ad incarnarlo, quello che parla dell’estinzione del reato di stupro, quando non c’è denuncia, passati sei mesi. Essendo un tempo troppo breve facilita lo scatenarsi di ricatti, di stalking e questo la storia della giurisprudenza, della magistratura lo dimostra.
Il vice questore tenta di convincere in questo breve tempo, non di sei mesi ma di 13 giorni che sono quelli mancanti all’estinzione del reato, una donna violentata a denunciare il suo stupratore”.
A tal proposito, qual è il valore sociale che dà al teatro?
”Avrebbe un grandissimo valore nel senso che il pubblico andrebbe istruito ancora di più su quello che è il valore della commedia.
Oggi il teatro lo vedo abbastanza malato perchè purtroppo i palinsesti televisivi mettono sul piatto delle pietanze scadenti, non di qualità. Assistiamo a programmi continuamente riproposti perché la gente si nutre di quello. Bisognerebbe dare una dieta diversa, dare un nutrimento diverso. La televisione non ci prova nemmeno perché è tutta una catena: i programmi di successo sono determinati dal pubblico e in quel pubblico c’è anche chi investe. Lo stesso avviene per il teatro: oggi si fanno tanti spettacoli, si mettono dieci spettacoli in cartellone, una volta erano otto o nove i più belli, ne sbagliavi uno o due; ora i migliori sono quattro e gli altri sei un’accozzaglia di cose vecchie, già viste, che non funzionano e non ci sono novità. Tutte le novità, o sono bruttine o comunque non rischiano perché vanno sul sicuro. Che cos’è il sicuro ? Qualche nome, qualche classico però alla fine sono sempre quelle cose lì.
Allora il teatro andrebbe indirizzato verso un discorso di storie, a teatro si devono portare le storie, il sociale. Spesso guardi uno spettacolo e non sai cosa hai visto, non sai che dire, ti rimane poco. Nel mio ci sarà qualcosa che non piace però ne parli, tanto. Non ho la presunzione di far riflettere con i miei spettacoli, io voglio emozionare e credo che questo spettacolo sia uno di quelli che emoziona di più “.
Non pensa che l’emozione potrebbe portare alla riflessione ?
“Beh, alle volte sì, altre ti emoziona così tanto che vieni colpito da una scena, un evento; non è che ti rimane la battuta. Questo è uno spettacolo dove si ride tanto ma è una miscela continua di risate ed emozione, risate e thrilling, di risate e sospetto, di fiato sospeso.
Alla fine ci sono i colpi di scena che non è uno solo ma ce ne sono parecchi “.
Qual è il rapporto che ha con il pubblico ?
“Questo è uno spettacolo neanche tanto lungo, nei limiti perché se uno non vuole stare due ore a teatro allora sceglie un’altra cosa: vai a cinema, vatt’ a verè ‘na cos’ è mezz’or’ perche se uno comincia a dire che lo spettacolo è troppo lungo, vuol dire cà nun t’ piac’.
Per cui il pubblico andrebbe educato nel senso che oggi a teatro si deve andare a vedere il racconto di una storia. Anche il cinema è così, anche al cinema non ammetto che si rida per nulla. Questo te lo dico perché oggi qualche volta sento dire che si ride un po’ meno… ma chi se ne frega. Il teatro è emozione, quindi voglio vivere una storia che sia bella, che sia terribile, che sia divertente ma mi devo emozionare per la storia. La negatività dello spettacolo non è se non si ride molto. Oggi questa è la critica più costante. Oppure sui finali ”Il finale è un po’ duro, un pugno nello stomaco, eh ?” ma la vita non è un pugno nello stomaco alle volte?
Dicono che la gente si vuole divertire, si vuole distrarre. Io faccio degli spettacoli che con grande ironia trattano argomenti molto tosti”.
Quanto è importante per lei portare un certo tipo di teatro in una realtà molto piccola come quella di Lacedonia?
“È importante e forse si può istruire e far capire molto di più in questi paesini che esiste un teatro che non è solo quello del comico senza un costrutto.
Qua lo puoi insegnare e io da anni lo insegno qua. È più complicato a Napoli o in una qualsiasi città grande far capire che questo è il mio teatro, non è quello che pensano loro cioè che non è un teatro dove si ride e basta. È un teatro dove lo spettacolo ha un suo sviluppo, una sua storia, dove ci sono momenti in cui non si ride e si deve seguire, si deve stare attenti e seguire. Oggi il pubblico è distratto. Ho trovato un pubblico più attento in provincia che in città, dove vogliono correre, fare una cosa veloce fujienn magnan come si dice a Napoli”.
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