Flumeri (Av) –  George sfugge all’inferno ma la burocrazia gli impedisce di curarsi

Flumeri (Av) –  George sfugge all’inferno ma la burocrazia gli impedisce di curarsi

Questa è la storia di un uomo. Un immigrato. Solo uno delle centinaia di migliaia di disperati che continuano quotidianamente a cercare in Europa, rifugio e spesso la salvezza.

George, credeva di aver trovato tutto questo in Italia.
E’ nato in Nigeria più di trent’ anni fa, negli ultimi dodici anni ha sofferto per un problema di salute, che neanche con un intervento chirurgico è riuscito a risolvere. Si convince che l’unico modo per potersi curare è tentare di arrivare in Italia, il cui avanzato sistema sanitario potrebbe aiutarlo a guarire.
Alcune persone si offrono di aiutarlo e insieme passano in Niger, poi in Libia. Nel mezzo, il famigerato deserto del Sahara. Qui la carovana a cui George si era unito, si lascia alle spalle una lunga scia di morti.
Siamo abituati a sentir parlare di morti in mare, ma il deserto del Sahara non è più clemente del Mediterraneo. Sepolti sotto la sabbia rimangono dimenticati migliaia di morti ogni anno.
Questo non è il destino di George, che scampa miracolosamente alla strage nonostante il suo debole stato di salute e arriva fino alle coste libiche. Qui si imbarca su una carretta del mare, che col suo carico di “merce umana” affronta le onde del Mediterraneo.
Sono in 150 su quel barcone e, miracolosamente, dopo un viaggio in cui ci si aspetta che la morte arrivi da un momento all’altro, sbarcano tutti sani e salvi in Italia.
George ha superato l’ennesimo, insormontabile ostacolo. Ringrazia Dio, convinto di poter finalmente cominciare la sua nuova vita, ma non aveva previsto di trovarsi dinanzi ad un nuovo, più alto muro, forse l’avversario più difficile da battere: il razzismo.
“Alcuni italiani vedono i neri come degli animali”, è quello che riesce a dirmi George quando gli chiedo di più sull’argomento. E quando gli domando se a Flumeri, sua attuale dimora, la situazione sia cambiata, mi risponde tristemente di no.
Ma a Flumeri c’è anche chi lo ha accolto.
I membri del coro della chiesa lo invitano a cantare insieme a loro. George, cattolico convinto, non se lo fa ripetere due volte e, superato l’imbarazzo iniziale, dovuto soprattutto alla difficoltà di dover imparare una nuova lingua, diventa un membro indispensabile del gruppo canoro. A dimostrazione del fatto che spesso per i presupposti necessari all’integrazione basta davvero poco, meno di quello che si possa credere.
Ma i guai non sono ancora finiti per George. Questa volta il nemico è davvero tosto, si chiama burocrazia.
Questo nemico non gli permette di curare la sua salute, vanificando tutti gli sforzi fatti fin qui.
Inoltre, fra poco George sarà costretto a lasciare Flumeri e il suo amato coro. La sua battaglia legale per restare è appena cominciata, ma difficilmente riuscirà a trovare i mille euro che gli serviranno per affrontarla.
Quella che poteva essere una felice storia di integrazione per la città di Flumeri, rischia di diventare una triste storia di sfruttamento e abbandono. Basterebbe poco per evitarlo, perché George non chiede soldi, né sterile spirito di compassione, ma soltanto la possibilità di curarsi e lavorare nel nostro paese.
Cantare nel coro di una chiesa probabilmente non basta a risolvere il problema, ma può essere per George un modo per trovare coraggio e non mollare. Per tutti noi la sua storia può essere invece un input per capire che forse le soluzioni a un problema grave, qual è quello dell’integrazione in Italia, possono essere anche semplici.
I membri del coro della chiesa di Santa Maria Assunta e San Nicola di Flumeri, compreso George, ne sanno qualcosa.
Pietro Grasso