I modi della comunicazione del nostro presente consentono una conoscenza immediata dei fatti. Tutti quelli che dispongono di uno qualsiasi dei mezzi cosiddetti social sono in tempo reale messi al corrente di ciò che avviene nel mondo. Questa proliferazione di opportunità di conoscenza è senza alcun dubbio un vantaggio per tutti, a condizione che l’uso dei social sia intelligente, misurato e rinvii poi ad approfondimenti che la velocità della notizia, l’essenzialità del dato comunicato non sempre consentono. Ci si lascia suggestionare sul momento dalla notizia improvvisa, che desta scalpore, sorpresa, indignazione, e poi tutto sfuma nella nebbia della quotidianità, peggio dell’indifferenza. E’ per questo, per non cedere alla tentazione dell’oblio, che avanziamo la riflessione che segue. E’ passato poco tempo da quando Asia Bibi, donna pachistana di fede cattolica, è stata assolta nel suo paese dall’accusa di blasfemia, essendo nel Pachistan l’islam confessione di stato, ancorato alla sharia, modo di vivere secondo quanto prescritto nel Corano, che condanna coloro che professano o si convertono ad altre fedi, ipotizzando la condanna per apostasia e poi per blasfemia, aperta e pubblica offesa al profeta Maometto ed alla sua dottrina. I giudici che hanno esaminato il caso hanno dimostrato un grande coraggio, non tanto per la evidente innocenza dell’imputata quanto per i clamori che la loro sentenza avrebbe scatenato. Al momento due riflessioni si impongono. La prima è che in diverse realtà del mondo contemporaneo la presenza dei cristiani, dei cattolici, è vista come propria di chi è nemico della società, come l’incarnazione del male e, come tale, da perseguitare, punire, e anche eliminare. Cifre diffuse dal quotidiano L’Avvenire parlano di trecento milioni di cristiani perseguitati in diversi paesi d’Africa e d’Asia, dando un quadro affatto idilliaco dei rapporti con quanti si richiamano a fedi diverse. La realtà del nostro paese, la maturazione di una coscienza democratica, fondata sul riconoscimento della libertà personale e sulla libera scelta della propria fede di riferimento, la difesa e la tutela di quanti sono portatori di altre credenze, sempre che non confliggano con i valori costituzionali, sono ormai dati di fatto acquisiti e per nulla messi in discussione. L’analisi di ciò che si registra altrove purtroppo ci fa toccare con mano che non dappertutto i valori democratici sono rispettati alla stessa maniera, anzi in alcune realtà non sono per nulla presi in conto: ciò deve indurci a ricordare a più riprese che, mentre la nostra società, non perfetta, si sforza di attuare pienamente i principi costituzionali, in molte altre realtà la persona è limitata nei suoi diritti e, spesso, anche perseguitata. La seconda è che molte sono state, e sono tuttora in corso, le rievocazioni delle infauste leggi razziali, promulgate settanta anni fa che, prendendo a bersaglio gli ebrei italiani, hanno segnato un capitolo nero nella storia del nostro paese e prestato il fianco alla politica di sterminio della popolazione di fede ebraica culminata nei diversi campi dell’Europa orientale, Treblinka, Mathausen, Auschwitz, Birkenau e tantissimi altri. La storia, ciò che è accaduto non è detto che non possa ripetersi: l’aveva ben chiaro Primo Levi quando affermava: “ … ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono essere nuovamente sedotte e oscurate, anche le nostre”. Di qui il duplice impegno etico nostro: ricordare il passato per preparare un futuro migliore, nel rispetto di tutti, e adoperarsi perché anche altrove, nelle realtà dove l’acquisizione dei valori democratici stenta ad affermarsi, si faccia sentire il peso della nostra testimonianza, sorretta da una condotta autentica che fa della prassi la naturale espressione della teoria. Per realizzare ciò, non basta la notizia fugace, veloce, ma sono necessari l’approfondimento e la riflessione costanti.
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