A Gesualdo, presso la Chiesa di San Nicola sabato 30 giugno, il Centro Regionale Gruppo di Preghiera Padre Pio della Campania, coordinato dal parroco del paese Fra Enzo Gaudio, ha organizzato, come ogni ultimo sabato del mese, un incontro di preghiera.
Era presente Don Antonio Coluccia, il prete degli ultimi costretto da anni a vivere sotto scorta, che ha portato la testimonianza del suo impegno a difesa di chi ha bisogno di aiuto. Opera nella parrocchia San Filippo Apostolo di Grottarossa a Roma, ha trasformato la villa di un boss della Banda della Magliana, alle porte di Roma, in una casa di accoglienza per i poveri e i bisognosi. Grazie alle donazioni dei cittadini, la dimora è diventata un simbolo della legalità. Nella casa, risistemata vivono circa 20 persone, papà separati, giovani emarginati, famiglie. Mille metri quadri su tre piani con tre ettari di giardino, ospita ragazzi e uomini adulti con storie tristi alle spalle, con delle viti difficili da dimenticare, tutti accomunati da una voglia di riscatto, dal desiderio di ricominciare a vivere una vita nuova.
È stato un cammino particolare quello che ha portato Don Antonio ad abbracciare la fede. Originario di Specchia nel Salento, Antonio era un giovanissimo operaio di un calzaturificio di Tricase. Svolgeva attività sindacale, aveva una fidanzata e una grande passione per la sua moto cilindrata 600. Il destino di Antonio, però, cambia irreversibilmente nel 1996 quando, a 21 anni, decide di fondare un’associazione di volontariato: «Ci dedicavamo alla tutela dell’ambiente e ai disabili. Poi abbiamo iniziato con le missioni in Bosnia-Erzegovina e in Albania. Portavamo viveri a chi ne aveva bisogno. Lì ho visto come i sacerdoti si dedicavano ai ragazzi e quello che da sempre mi portavo dentro e rifiutavo di accettare è uscito fuori. Lì è cambiata la mia vita».