Le elezioni ci sono state e, diversamente dal passato, i vincitori e vinti ammettono la verità del responso. La formazione politica che ha ottenuto il maggior consenso è con tutta evidenza il Movimento5stelle; la coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa è quella di centrodestra, a trazione salviniana; sconfitta senza appello la coalizione di centrosinistra, variamente presentatasi. Sarà per la legge elettorale strana, sarà per l’esito imprevedibile del voto, le possibilità che il paese abbia un governo stabile sono esigue. Tanti editorialisti e commentatori politici si sono avvicendati e si avvicendano sui diversi e molteplici media proponendo ipotesi sensate, talvolta varie e diversificate, ma sostanzialmente convergenti sul fatto che le previsioni sul futuro governo non sono facili. Intendiamo avanzare anche noi qualche peregrina riflessione. La prima è che, dopo l’euforia per chi ha vinto e la delusione per chi ha perso, quando il nuovo parlamento dovrà eleggere i presidenti delle due camere ci sarà, forse, l’opportunità per capire cosa nel sottosuolo si è mosso, quali faglie si sono movimentate, quale scenario possibile si lascia intuire. Dopo questa prima fase di studio o già di sistemazione, si potrà passare al secondo atto: le consultazioni che il presidente Mattarella avvierà con i vari gruppi parlamentari che si saranno nel frattempo costituiti. Al di là degli scalpitii di Di Maio e di Salvini che rivendicano ciascuno il diritto di primogenitura nell’investitura del mandato esplorativo, è prerogativa senza paletti del presidente della repubblica affidare l’incarico di formare il governo alla personalità che dia maggiori garanzie di godere di una maggioranza chiara. Non siamo dotati di sfera di cristallo né vantiamo particolari rapporti con entità sovrannaturali, per cui non siamo capaci di divinare quel che accadrà. Noi possiamo solo esprimere qualche riflessione che speriamo possa coincidere con quelle delle persone chiamate a prendere le decisioni che contano. Un primo obiettivo dovrebbe essere trovare un punto di equilibrio tra le attese del nord, riduzione del carico fiscale, e attese del meridione per una politica che tuteli i più deboli e i più sfavoriti, senza cadere nell’assistenzialismo fine a se stesso; un secondo obiettivo è moralizzare la vita pubblica, non tanto e solo con un ritocco dei compensi a vario titolo assegnati ai parlamentari, quanto con una rivisitazione delle norme che regolano vitalizi, stipendi, pensioni e liquidazioni da nababbi, cumuli di benefici diversi ma legati a prestazioni contemporanee di tanti boiardi di stato o di imprese private che fanno il bello e il cattivo tempo, che sono la causa di sperequazioni enormi tra chi ha tutto e chi ha niente o pochissimo. A lungo andare la fame, mista alla rabbia, può, come il sonno della ragione, generare mostri. Occorre seriamente progettare interventi nuovi per una politica nel meridione che si prefigga una migliore e maggiore integrazione con il resto del paese, valorizzando ancora di più, sulla scia di quanto di positivo è stato fatto negli ultimi anni, il patrimonio culturale, turistico e paesaggistico dell’Italia meridionale. Stop al cahier des doléances! Non serve il conto della spesa di tutto e niente: si comincia col poco e lo si implementa strada facendo. Chissà che il nuovo che si è affacciato prepotente alla ribalta non segni una vera, autentica inversione di tendenza nella storia recente del paese! Provare per credere!
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