Tanti , troppi i casi di violenza sulle donne nella nostra società. Spesso si rimane col dubbio che molto si potrebbe fare per prevenirli, evitarli, eppure si ripetono costantemente e i rimorsi, sempre crescenti, si accumulano nelle nostre coscienze. Sembra quasi come li considerassimo come eventi inevitabili, eppure i rimedi ci sono. Ai femminicidi si aggiungono le donne stuprate, molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. Abbiamo rivolto alcune domande a Federico Sasso, psicologo psicoterapeuta, per approfondire le problematiche in merito e proporre utili rimedi.
-Tanti i fatti drammatici in questi giorni, che meccanismi si creano per far scatenare una rabbia così forte nei confronti di una donna?
“Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia. Anche nel 2017 la media è di una vittima ogni tre giorni. La violenza e i femminicidi colpiscono anche le giovanissime, come dimostrano gli ultimi eclatanti casi di cronaca. In Italia il 70% delle vittime di femminicidio era già nota per avere contattato le forze dell’ordine, ovvero per aver denunciato, o per aver esposto la propria situazione ai servizi sociali, ciò è sicuramente il segnale che qualcosa andrebbe cambiato dal punto di vista legislativo. Le ricerche criminologiche dimostrano che su 10 femmicidi, sette sono in media preceduti da altre forme di violenza nelle relazioni di intimità. Cioè l’uccisione della donna non è che l’atto ultimo di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico o fisico. Pertanto è necessario davvero provare a concentrarsi sui meccanismi che portano ad una rabbia incontrollabile, fino ad arrivare all’omicidio. Secondo una prospettiva politica e sociale, la causa della violenza viene attribuita alla tendenza maschile a non considerare le donne come individui indipendenti e con il diritto di autodeterminarsi, ma come cosa propria. Stiamo anche vivendo una fase di mutamento dell’identità femminile, che va verso l’emancipazione e la libertà, che viene vissuta dagli uomini come una minaccia alla propria virilità o al proprio diritto al dominio sessista. Secondo la prospettiva psicologica, invece, ogni volta che un uomo è violento, questa violenza nasce da un sentimento di helplessness, di fragilità, considerata inaccettabile, alla quale egli cerca di resistere picchiando. La violenza è per molti assassini il tentativo di controllare la depressione, derivata da sentimenti di umiliazione inaccettabili. Spesso queste persone sono cresciute in ambienti violenti, essendo umiliate o maltrattate dalle figure di riferimento”.
-Perché aggressioni così brutali: per paura di rimanere soli, per un futuro senza un legame sentimentale?
“Apparentemente il tipo di aggressione può far pensare a questo, purtroppo a muovere questi soggetti aggressori è una ferita narcisistica profonda e non il bisogno di decidere per l’altro. La violenza contro le donne può essere di diverso tipo, a dircelo sono gli aggressori durante le terapie:
- Impulsiva preterintenzionale (ho intenzione di fare del male ma non di uccidere, mi arrabbio, do un pugno, la ragazza cade, batte la testa e muore).
- Impulsiva e basta (ho intenzione solo in quel momento di uccidere, mi fa arrabbiare, perdo il lume della ragione e la strozzo, lei muore).
- Strategica, Paranoidea (ho un piano di assassinio preparato da giorni: aspetto la mia ex donna che mi ha lasciato dietro un cespuglio, lei arriva e io l’ammazzo).
- Di gruppo (con un gruppo di maschi dopo avere bevuto molte birre, ci prendiamo una ragazza e la violentiamo insieme, poi la buttiamo giù dalla macchina e lei muore).
- Da fallimento della grandiosità narcisista (come si permette una come lei che avevo raccolto per strada di sfidarmi o lasciarmi, questa umiliazione, questa perdita della faccia è per me insopportabile e la uccido).
- Antisociale / Amorale (Mi ha stufato, non mi serve più, ho un’altra più giovane e più bella, la uccido e così sono libero)”.
-Sono persone del tutto “normali” o si potrebbero percepire i sintomi , le spie di uno scatenarsi di atti violenti forti?
“Già nella risposta precedente possiamo cogliere che queste persone che aggrediscono fino ad uccidere portano dentro un profondo disagio esistenziale. Alla base di tali comportamenti c’è sempre un disturbo di personalità spesso ben mascherato. La violenza si impara in famiglia e voglio a tal proposito fare una precisazione importante: è dai genitori e dai comportamenti che vediamo che impariamo sia a fare violenza su qualcuno che a subirla. Le donne non dovrebbero mai accettare che un figlio possa guardare un marito che abusa senza fare nulla. Sono le madri che devono essere aiutate a spezzare il circolo vizioso della violenza che può essere ripetuto o subito dai figli. Da un punto di vista psicologico è difatti importante guardare alle donne, che se in alcuni casi riescono a uscire da relazioni violente e a denunciarle, in molti altri non fuggono da uomini violenti, non si proteggono, non leggono segnali preliminari che c’erano stati e spesso estremamente chiari. Paradossalmente donne che accettano la compagnia di uomini violenti sviluppano nei loro confronti spesso relazioni di dipendenza. È importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni rischiose. Anche il più piccolo segnale di violenza, (un urlo improvviso, un gesto spazientito che fa saltare il telefono dal tavolo, due domande di troppo del tipo gelosia pericolosa) deve essere preso in considerazione ed interpretato come messaggio prezioso per considerare quella storia come non buona”.
-Dopo delitti così cruenti, nel resto della vita questi assassini, criminali riescono, di solito, a recuperare un equilibrio o anche il loro destino è segnato?
“Un uomo violento non cambia con l’amore di una donna, non è curabile altro che con la conquista della consapevolezza del suo problema e il doloroso passaggio attraverso una buona psicoterapia. Questo ci dice che una buona parte di questi individui possono recuperare un equilibrio perlomeno parziale, anche se dobbiamo ricordare che solo agendo prima della strutturazione di un disturbo di personalità si possono prevenire determinati comportamenti. Difatti, anche dopo una buona terapia, elementi stressanti non riconosciuti possono portare a scatenare situazioni nuovamente pericolose e la caduta nel circolo vizioso della violenza. Inoltre, aver causato episodi violenti, non può che segnare per sempre la vita delle persone che restano vive”.