È nato prima il marketing o il giornalismo?

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È nato prima il marketing o il giornalismo?

di Carlo Di Giovanni

Il giornalismo oggi è un po’ come la vecchia storia del se sia nato prima l’uovo o la gallina; o come l’annosa questione che divide marchettari e consumatori da decenni: sono bravi loro a inculcarci un bisogno o quel bisogno era già dentro di noi e loro sono stati bravi a comprenderlo? Quando leggo una notizia mi rendo conto che raramente tutto ciò che mi viene raccontato, che mi circonda e mi sommerge aggiunge qualcosa di rilevante alla mia vita eppure sembra sia questo l’obiettivo massimo al quale aspiriamo tutti, io prima di tutti: rinviare scientificamente il pensiero. Quindi forse è nata prima la gallina. Non suonerebbe esagerato dire che la socialità a tutti i costi e i quindici minuti di una viralità inseguita fin dal mattino come il proverbio africano del leone e della gazzella siano diventate la vera malattia dei nostri tempi: il disturbo ossessivo compulsivo del mostrare o del mostrarsi.

Questo i giornali, oggi lontani parsec dalla loro reale funzione e ormai marchettari anche loro, l’hanno capito e mungono la mucca (per usare un termine caro al marketing). Può capitare, perciò, che il video di un tranquillo e apparentemente ininfluente sabato pomeriggio di shopping a Greenock, Scozia, dove un marito e una moglie, in presenza del figlio, danno vita a un anacronistico rovesciamento dei ruoli in cui lui le prende, tentando invano di scappare, mentre lei le dà, diventi il luogo virale dove andare a distogliere i propri pensieri negativi da lunedì facendo schizzare alle stelle i click sulla pagina. Rinviando la riflessione antropologica sul perché una scena del genere susciti un’indubbia ilarità, anche nel sottoscritto, quando a parti invertite avrebbe provocato, nell’ordine, sdegno e rabbia, è la risonanza mass-mediatica del nulla o del déjà vu o di qualcosa della quale non se ne sentiva l’esigenza, che dovrebbe far riflettere.

Nell’epoca del mainstream due minuti e venti secondi di voyeurismo si sono propagati da una cittadina semisconosciuta di 44.000 abitanti sulla costa scozzese che si trova a 2.000 chilometri da noi fino alla pagina online del Corriere.it e oltre. Due minuti e venti secondi che sono stati visti da milioni di persone nel mondo e retwittati, finora, da 3.000 utenti. No, non è la riedizione versione millennial di Benny Hill e noi non facciamo parte di questo show; o forse si? In questo mare fanno notizia i bracciali d’oro alle caviglie di Gianluca Vacchi a Miami insieme alla sua nuova compagna; in attesa di farci dimenticare la nostra afosa estate da recessione economica e disoccupazione giovanile a colpi di cumbia. In questo mare può capitare che il Mattino, un giornale con una storia gloriosa e antichissima (è stato fondato nel 1892), scelga di dar voce a Marysthell Polanco, nome esotico e dal sound rock, olgettina e ex di Gianluca Vacchi.

Il Mattino qualche giorno fa citava un post facebook nel quale l’avvenente creola redarguiva con una metefora calcistica (il massimo che possano comprendere e partorire) la ex più recente di Vacchi per non essersi fatta “rinnovare il contratto” dal nullafacente miliardario bolognese. Poi dopo un po’ mi sono chiesto: “ma al Mattino chi è che sta a lì a controllare la pagina facebook di Maryshtell Polanco? E perché una non notizia del genere è stata condivisa dai lettori del Mattino per ben 821 volte?”. In questo mare, per un pugno di clickbait in più, le versioni online dei giornali sono diventate un ammasso di notizie “Le Light”, per usare il titolo del taglio basso del Mattino, che sembrano essere uscite dalla scaletta di un programma qualsiasi di Barbara D’Urso. Quando si è fortunati, poi, quelle stesse pagine possono fungere da riscaldamento prima di una maratona tra altri e più esaustivi siti porno. Un luogo dove un mostro mitologico con le teste di Bob Guccione, Riccardo Schicchi e Silvio Berlusconi e il corpo di Hugh Hefner arrossirebbe. Queste sono quattro notizie a caso in un normalissimo giorno passato su Libero:

“Golino, raptus sessuale: prima così, poi triangolo. Ecco le foto (pazzesche) su Chi…”

“La mummia dell’uomo che si masturba. Il clamoroso ritrovamento a Pompei…”

“Roba hard a quasi 60 anni. Una Pamela Prati da morire: il lato B lo mostra così…”

“Il dolce? Lo cucino in perizoma: il video erotico della super-star. Follia ai fornelli: che fa?”

Queste invece sono tre notizie a caso in un normalissimo giorno passato sul Mattino:

“Temptation Island: Alessio ha tradito la fidanzata Valeria Bigella? Ecco l’indizio…”

“Belen e Andrea Iannone si sono lasciati? Ecco l’indizio…”

“Antonella Mosetti difende Asia Nucciatelli: La criticano gelose e obese”

Si potrebbe sindacare che in qualche modo i giornali dovranno pur pagare gli stipendi a salario minimo dei propri dipendenti (pardon: collaboratori) e che se dipendesse dai lettori italiani della carta stampata si materializzerebbe all’istante il pensiero nella testa di molti giornalisti o aspiranti tali: “forse era meglio imparare a zappare la terra!”. Ma se un alieno aprisse per sbaglio Liberoquotidiano.it, il Mattino.it, SportMediaset.it o dovesse vedere il 70% della sezione video del Corriere.it, cosa penserebbe di noi?

In questo mare fa opinione, dalle pagine del Corriere della Sera, in maniera più raffinata ma non meno inutile, anche Massimo Gramellini, che pur di dire la sua dice la sua su tutto: dal morbillo all’otite fino a Tornasol, la femmina di baio che si è tenacemente rifiutata di correre il Palio di Siena. Ogni volta che leggo il suo “Caffè” nel taglio alto e guardo la sua foto profilo in bianco e nero con filtro cartoonizzato mi viene sempre da dirgli: “Massimo, come fai ad avere un’opinione così netta su qualsiasi cronaca partorisce la vita? Sei sempre così sicuro su tutto e io invece ho sempre così tanti dubbi: ti invidio!”. In questo mare niente sembra necessario per il prosieguo della nostra vita ma tutto magicamente lo diventa. No, non è la riedizione versione millennial di Benny Hill e noi non facciamo parte di questo show; o forse si?