Bisaccia l’eliporto ce l’ ha. Con tanto di “certificazione di eliporto” conforme alle normative dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (Enac). Come lo volete chiamare: elidromo, eliscalo, eli superficie o più semplicemente piattaforma di atterraggio per elicotteri. Ma non è un vanto, bensì una vergogna, una burla. tanto che ormai nessuno più ne parla. Una storiella apparentemente complessa e assurda, ma mica tanto difficile a comprendere. Ne capitano tante alle zone interne e per di piu’ a zone che sono l’ultimo lembo regionale Campano, l’Alta Irpinia d’oriente, a due passi dalla Puglia e dalla Basilicata. la Regione Campania ci pensò e come. E, già, nel lontano 2011 la Regione Campania si faceva carico della gestione delle emergenze, e,rapidamente, come si deve fare per la montagna, progetto e affidò i lavori, poi regolarmente effettuati, alla Tekno Consulting, una ditta specializzata nel settore con sede a Viterbo. L’eliporto fu fatto ma mai un solo elicottero e qui atterrato, non lo consente il vento, si sostiene, che qui soffia in permanenza, a vista d’occhio c’è e lo testimonia a chiunque il roteare incessante delle pale eoliche là di fronte sull’altipiano del Formicoso, solo che gli esperti, presi dal progetto per l’aria, dimenticarono che il vento non lo permetteva. Un’area a livello del suolo per decollo atterraggio e sollevamento, piazzali di sosta e di sicurezza, con tanto di cartelli “Attenzione. Movimenti di elicotteri”. Non si badò a costi. L’elisoccorso per le emergenze, vie aeree, verso gli ospedali di S. Angelo dei Lombardi e Ariano Irpino, giusto a fianco dello Sps, il cosiddetto servizio di emergenza sanitario rimasto di primo soccorso, in quello che fino ad allora era stato un ospedale e che il nuovo Piano Sanitario Campano cancellava. Non è che la condizione dell’ospedale di Bisaccia fosse diversa da quello di Sant’Angelo dei Lombardi o di Solofra (a due passi dalla città ospedaliera di Avellino). Quell’ospedale non aveva debiti di bilancio, e comunque non più di tanti ospedali del napoletano. Bastava far funzionare un pronto soccorso attivo, con qualche chirurgo e anestesista in più. Invece fu chiuso e venne aperto la piattaforma per voli di elicotteri, ma da allora mai un solo volo di elicottero è qui atterrato ne’ si è alzato. Fu una scelta definibile di discriminazione e anche di tipo clientelare per altri luoghi. Tagliare questo ospedale servi a dire nazionalmente che, vedete “siamo tanto rigorosi nei bilanci che tagliamo i rami secchi”. Quello ospedale fu sacrificato per indorare la richiesta di fondi alla Regione Campana e le carriere dei dirigenti di ogni tipo. Ora che è stato nominato Commissario della Sanità lo stesso Governatore della Campania e la ripartizione dei posti di direttore sanitario delle ASL è compiuta, qualcuna delle Amministrazioni locali vorrà ricordare, che dopo lo scippo dell’Ospedale, almeno la burla dell’eliporto potrà essere rimossa. Poi, forse si vorranno anche fare i conti pagati per un progetto a soluzione assurda, di un servizio inutile e che continua a essere inutilizzato. Se si chiede il ripristino dell’ospedale di Bisaccia, non è solo per giustizia o per riparare a un danno provocato a questa area, e nemmeno perché nelle zone interne gli ospedali non si chiudono, e tanto meno in montagna per ovvie ragioni. Ma perché un’idea nuova ci deve pur essere. La direzione di questi servizi sociali basilari non può essere fatta da uno Stato (Regione) con la logica di una azienda privata, perché devono contare anche i costi sociali, e dunque bisogna a partire dai diritti del cittadino e del tipo di società che si intende promuovere. Se cioè questi paesi devono restare a presidio di questi territori di diverse civiltà, non si può contare quante persone sono rimaste (e sono poche, mentre la desertificazione avanza) e tagliare i servizi. Ho assistito in questi giorni di chiusure ferragostane ai tormenti di gente a cui era sbarrata la via sanitaria ordinaria e straordinaria. Non si può volere che ce ne andiamo tutti dove c’è più gente, a Napoli o a Milano e si vivrà ancora di più qui e là male per ragioni opposte. La questione è quale società serve per vivere meglio e se si vuole programmare considerando la società e le persone, poi si fanno anche i conti con i numeri del ragioniere. Il rigore e l’austerità, male intesi, rovinano e ammazza popoli e civiltà. “L’austerità”, indicata da Berlinguer, “non è un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali”. …… “l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato”.