Bisaccia(AV)- “Il tour delle chiese ” : La chiesa del Convento e i misteri del monastero

Convento Bisacciachiesa convento Bisacciachiesa convento bisacciaconvento bisacciaMichele Frascione Bisaccia

Di Michele Frascione . 

A Bisaccia per andare al Convento si scende, anche se a fine percorso sei ancora a 820 metri di altitudine, all’ ultima piazza in fondo al centro storico del paese. Il dislivello è altalenante e comunque sei in montagna non per correre in discesa. Meglio godersi una bella passeggiata senza fretta, meglio se in compagnia, come un turista che assapora uno slow food. C’è tanto in più per esseri contenti alla fine del tour, per poter non credere al detto che bisogna “accontentarsi di quel che passa il convento“. Ma stai andando alla chiesa di Sant’Antonio da Padova o di Padova? Un primo dubbio legittimo.

Il Santo è patrono di Bisaccia ma anche del Portogallo, è celebrato il 13 giugno. In effetti è Fernando Martins de Bulho͂es(in italiano:Buglione), e dunque Sant’Antonio da Lisbona, nato il 15 agosto 1195 e morto a Padova il 13 giugno 1231. Il frate fu prima Agostiniano in Portogallo, poi terminò i suoi studi da Francescano in Italia e principalmente a Padova, dove diventa Sant’Antonio di Padova e in seguito nominato Santo. Il 13  giugno la celebrazione del santo patrono è solenne e, da sempre, la più grande festa di Bisaccia ha interessato la popolazione tutta, senza distinzione alcuna, né sociale, né culturale, ha accumunato unità e pluralità. Rimane la summa: “o Sant’Antonio a Vsazze o vesazza nguonr”
(tradotto: “o Sant’Antonio a Bisaccia o la bisaccia a tracolla”, come a dire: ” Oppure raccolgo le mie cose e me ne vado”).
Il popolo minuto andava a Patrune (a Padrone) nella vicina pianura della Puglia, il patto comprendeva il servire fedelmente  tutto l’anno, ma il 13 giugno, immancabilmente, era libero di essere alla festa del suo paese. Fedele nel suo lavoro sì, ma dignitoso, ribelle nei diritti, orgoglioso della propria identità.
E’ La stagione dei fiori, sboccia il giglio bianco, lo stendardo del santo, sinonimo di candore, purezza, innocenza. La chiesa inizi bene a mirarla dal basso, con un magnifico pianerottolo abbastanza rialzato per sollevarsi a sedersi e scale ambedue in pietre di un tempo, lavorate a scalpello e esterni a faccia vista, ben intonate alla manifattura rustica dell’intero luogo, poi subito la svolta, invece di ripristinare pareti, ricreare affascinanti e solidi muri in sassi, restaurare, ti colpisce come un pugno negli occhi la rottura della continuità, la dissonanza che avanza. Un portale di entrata in marmo, poi un intonaco imbiancato in giallo, paglierino copre tutto, anche il campanile a sinistra. Una voglia di emendare muri considerati scabrosi e da nascondere con il preteso lusso e decoro a rifare a fresco, a velare volgarità e deformazioni da condannare senza appello. Ma questa è moda ben più recente che fortunatamente non si è estesa anche al resto del luogo. La chiesetta è importante innanzitutto per la statua del Santo Patrono, che viene portata a giugno per le vie del paese. Una statua a dimensioni umane, in legno finemente pitturata e decorata, giuliva e composta con pregevole manifattura artistica. Poi, Gioia e grazia per i fedeli cattolici, da qualche decennio, anche una reliquia del santo proveniente da Padova. All’ombra del tiglio plurisecolare, che domina piazza Convento, e che fa storia sé, si sollevano i muri di pietraUna chiesetta, che dal punto di vista architettonico non è granché, negli anni è stata ingrandita e resa più funzionale al culto. Due navate, poco più di una chiesa di campagna, con altari lungo le navate. Una confraternita, aggregata nel 2008, che sostanzialmente gestisce la chiesa e organizza la festa del santo.  Ma, non è a caso che comunemente per tutti è la Chiesa del Convento. Pare risalga al XVII secolo, quando pare fu l’equivalente di una cappella, affiancata e dipendente da un organismo architettonico e religioso maggiore, più complesso e in cui era incorporata. Il convento, un monastero, dove conveniva, si adunava, si riuniva, viveva una comunità di Frati Minori Conventuali, giunta a Bisaccia nel 1412, edificò il Convento, ma venne soppresso nel 1799 (quasi 400 anni). Ma lasciati guidare dal principio che, grandi o piccoli che siano, contano i segni della storia per scoprire valori vissuti da antiche civiltà per come segnati in oggetti, iscrizioni e anche monumenti. L’importanza del grande Colosseo o delle grandi Piramidi, ci possono impressionare di più, ma l’importanza non è data dalla grandezza o dalla centralità geografica, odierna o antica. Qui in giro di segni ce ne sono molti, ma cosi’ a caso, a frammenti, tagliuzzati, d’iscrizione, in angoli e pezzi di pietre scolpite, spersi senza un ordine e una classificazione, confusi, come se fossero stati volutamente dimenticati. Un mistero che forse avrebbe potuto spiegare il perché di questa improvvisa soppressione del Monastero. Quasi sempre la storia è stata scritta dai vincitori, ma c’è anche una storia non scritta dei vinti. Cercateveli voi i segni, dentro e fuori della chiesetta, nei punti più impensati del luogo, nelle distanze, lungo le balconate, negli angoli e nei ripostigli, nei ciottoli segnati rotondi dal rotolio dell’acqua e incastonati a comporre tutta la piazza. Ma chi vi ha detto che un turista deve essere solo uno spettatore, magari svelate l’archeologo che è in voi, potreste darci la fortuna di svelare il grande mistero nascosto nella storia del monastero e della Chiesa. Non vi intriga scoprire il perché? Pensateci un attimo. Nel 1799, terminano i 10 anni della “rivoluzione francese”, quando non si tagliò solo la testa al re, ma si destituirono i nobili, in questa rivoluzione che attraversa poi tutta l’Europa e ben oltre, il clero si divise in due, semplificando 
diremmo, in Alto e Basso Clero. E come si collocò questo ordine religioso di Francescani Frati Minori Conventuali?
Appartenevano oggettivamente al basso clero o clero parrocchiale, di origine contadina o comunque provenienti da ceti sociali bassi,  con un tenore di vita modesto, non poteva vedere male la rivoluzione e finiva per diffonderne i principi. Dall’altra parte l’Alto Clero dominante, di estrazione aristocratica, colta e con notevole potere politico, in campo nazionali o locali, perdeva proprietà dei beni ecclesiastici, rendite, privilegi e potere. Quale furono le reciproche reazioni a tanto sconquasso alla base e a livello dirigenziale? Cosa copre l’intonaco imbiancato giallo cenerino della chiesetta? Sta di fatto che con la rivoluzione francese in atto, tutte queste “famiglie” del “basso” soffrirono soppressioni ed espulsioni e cosi’ sparirono anche Conventi. Poi ci si potrebbe addentrare dunque anche in un altro ordine di valori. Sapendo che la storia non è solo un elenco di documenti, per capirla bisogna interpretarla, e se mancano i pezzi intermedi, per comporre l’insieme e essere completi, bisogna riempire gli spazi, i vuoti mancanti, con il pensiero e anche con l’immaginazione. I voti religiosi, impegno e scelta volontaria, il solenne certificato da conservarsi come l’obbligo di tutta la vita, detto il mezzo della propria perfezione spirituale. I voti, le regole, gli obblighi di Obbedienza, Povertà e Castità. E dite poco? L’obbedienza alla legge, al Superiore, la sottomissione, finanche l’oppressione. E si può dire : sì, pero tanto è questione del quanto, del quando e del come. Poi la povertà: non avere niente di proprio. Sì, si può dire, però poi il vivere in comunità è come essere in cooperativa ed in fondo basta l’uso delle cose. La terza regola l’obbligo della castità, la più difficilmente sostenibile, un conto continuamente aperto con  
 stessi a cui si poteva solo sfuggire di nascosto. Non praticare, non avere surrogati di sorta, non desiderio, non guardare, non pensieri lussuriosi….. il sacrificio dell’appetito e del piacere erotico-sessuale. Reprimere un dato fondamentale e ineliminabile di ogni essere vivente e che genera la vita, i principali intrecci e relazioni e persino l’arte erotica. E di fronte a freni inibitori si spezzavano le reazioni nella propria comunità interna e esterna. Si è sempre potuto apprezzare un dato, direi anarchico e unico, di questo paese: la distinzione laica, il vivere la religione distante e nella diffidente verso ogni gerarchia ecclesiastica.
E anche in questo luogo ameno e solare, piacevole, gradevole agli l’occhi e alla mente, a pensieri calmi tra cieli grigi e incantevoli tra cieli azzurri, un luogo che rinfranca, consente di spaziare all’infinito, al romantico,  ritornano le ombre e la croce, il simbolo della dinamica del sacrificio della vita alla morte; la Via che per il Cattolico è la Croce del Dio sceso in terra per la resurrezione, la salvezza e la futura vita eterna.