Capriati a Volturno (CE) – La morte del poliziotto di Capriati al Volturno: la verità processuale

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Capriati a Volturno – La pluralità di parole e affermazioni susseguitesi sulla vicenda di Giuseppe Iacovone, il poliziotto originario di Capriati a Volturno, che perse la vita a Macchia d’Isernia nel marzo 2012 durante l’inseguimento di un Suv sulla S.S. 85, impone un doveroso chiarimento per lo stridente contrasto tra esse e la verità processuale stabilita, prima, nella sentenza della Corte di Appello di Campobasso e, da ultimo, nella recente pronuncia della Corte di Cassazione Penale.

Tanto per ricostruire il contenuto reale delle statuizioni dei Giudici chiamati a decidere in una vicenda tragica e dolorosa, ripristinando una corretta informazione, fondata esclusivamente sulle pronunce degli organi giurisdizionali. Nulla di più eloquente, dunque, delle statuizioni dei Giudici per dimostrare l’erroneità di quanto dichiarato dal Dott. Pietro Campellone, che aveva sostenuto: “Quel giorno io non ero sulla statale e, quindi, non è un caso che io sia stato assolto”, laddove la Corte di Appello, in riforma della sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Isernia, ha assolto l’imputato, “non essendo sufficientemente comprovato il dolo del delitto presupposto e cioè la consapevolezza nell’agente di esplicazione di violenza nei confronti dei Pubblici Ufficiali, volta al fine di ostacolare il compimento del loro ufficio”.
In altre parole, la Corte di Appello, nonostante le numerose testimonianze relative alla condotta di guida estremamente pericolosa tenuta dall’imputato, che costringeva le auto provenienti dalla corsia opposta a spostarsi sul margine destro per evitare lo scontro, ha ritenuto non ci fossero prove sufficienti a dimostrare che il Dott. Pietro Campellone, la cui presenza nel luogo dell’incidente è accertata in modo incontestabile, si fosse reso conto di essere inseguito dalla Polizia. La Corte di Appello ha modificato il titolo assolutorio, da perché il fatto non sussiste a perché il fatto non costituisce reato. Avverso tale pronuncia è stato proposto Ricorso per Cassazione, ai soli effetti della responsabilità civile, dalla Sorella dell’Agente Giuseppe Iacovone, per l’annullamento della sentenza impugnata, demandando al Giudice civile la determinazione e quantificazione dei danni, come da richieste avanzate in sede di merito.
La Corte di Cassazione, Sezione Sesta, ha statuito nel dispositivo che “Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello”,. Il dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione dimostra l’erroneità dell’interpretazione dei Legali del Dott. Pietro Campellone, apparsa sugli organi di stampa, precisamente su Primo Piano di venerdì 2 giugno 2017, secondo cui la “Corte di Cassazione, con la sua decisione ha soltanto demandato al giudice civile di verificare l’”eventuale” sussistenza di responsabilità civile in capo al nostro assistito per quanto accaduto alla volante della Polizia di Stato”. La sentenza della Corte di Cassazione ha definitivamente escluso la responsabilità penale del Dott. Pietro Campellone.
Nel contempo, la sentenza della Corte di Cassazione non ha escluso a priori la responsabilità civile nei confronti della Famiglia Iacovone, derivante da un comportamento in contrasto con le norme del Codice della Strada. Sul piano civile, la Corte di Cassazione ha accolto il Ricorso della Sorella dell’Agente e, annullando l’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Campobasso, che aveva escluso profili di responsabilità penale e civile, ha affermato la responsabilità civile del Dott. Pietro Campellone, demandando al Giudice Civile competente di quantificare l’ammontare economico del risarcimento.