L’innalzamento delle temperature globali e lo scioglimento di quelli che una volta erano considerati ghiacciai perenni ha trasformato la Regione artica, un tempo remota e quasi inaccessibile, in una possibile nuova frontiera dello sviluppo economico e commerciale globale. Infatti, con la mitigazione del clima ed il ritiro della calotta artica la fruibilità delle inesplorate risorse petrolifere, gasiere e minerarie potrebbe crescere in maniera esponenziale.
Inoltre, l’accrescimento nella durata e nella qualità della navigabilità del Mar glaciale artico potrebbe definitivamente aprire per lunghi periodi le rotte artiche, che attualmente rappresentano i passaggi transoceanici più rapidi per collegare i maggiori poli economici in Europa, Asia e America. Qualora queste rotte dovessero divenire ampiamente e tranquillamente navigabili, con o senza l’assistenza delle rompighiaccio, la geografia economica del mondo potrebbe mutare radicalmente. In 2 sintesi, il ruolo delle rotte artiche per il commercio e la politica internazionali nel futuro potrebbe essere paragonabile a quello ricoperto, nel recente passato, dai Canali di Panama e Suez. In quella che può essere definita come una vera e propria “corsa all’Artico”, i Paesi rivieraschi e non giocano partite politiche completamente differenti, accomunate dall’elemento della conflittualità. Infatti, mentre i primi intendono tutelare i propri diritti individuali attraverso la nazionalizzazione d’immense aree di territorio e mare, i secondo propendono a proteggere quel regime giuridico internazionale dell’Artico che consentirebbe uno sfruttamento condiviso, congiunto ed equo, nonché il libero accesso alle rotte artiche. La partita per le risorse artiche è stata sinora giocata con molteplici strumenti, che vanno dalla diplomazia bilaterale e multilaterale fino al soft power costituito dalla ricerca scientifica e della tutela ambientale e, in ultimo, al rafforzamento dei contingenti militari a ridosso dei territori o dei lembi di mare rivendicati dai singoli governi. In un contesto così frammentato, incerto e conflittuale, l’Italia è stata sinora abile a ritagliarsi un ruolo di primo livello, seppur seguendo un profilo molto discreto.
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